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Uranio impoverito, arriva la prima sentenza
CRONACA
6 marzo 2016
Uranio impoverito, arriva la prima sentenza
metropolisweb

 Oltre dieci anni di malattia: un linfoma, legato all’uranio impoverito. Ora per la prima volta il Consiglio di Stato riconosce la causa di servizio a un militare. Lorenzo Motta, ex sottocapo della Marina militare, oggi transitato nei ruoli civili del ministero della Difesa a causa della sua malattia, è il primo ad ottenere il riconoscimento. La sua malattia si lega all’esposizione ripetuta a polveri di uranio impoverito nei teatri di guerra.
“Ho il linfoma di Hodgkin. Nel corpo mi circolano bario, acciaio, oro, rame, tutti “frammenti di particelle micrometriche da polverizzazione di uranio impoverito””. L’ho respirato durante le missioni all’estero della Marina, Grecia, Turchia, Gibilterra, Golfo Persico, Marocco, Afghanistan, dove ha accertato la sentenza – si faceva uso di uranio impoverito nelle munizioni anticarro e nelle corazzature di alcuni sistemi di armamenti”.  (Fonte La Repubblica)

E poi cos’è successo? Quando si è accorto di essersi ammalato?
“A luglio 2005, sentii una pallina nel collo, nessuno capiva cos’era fino a quando a dicembre mi operarono d’urgenza e dai controlli venne fuori che la malattia si era propagata già fino al torace e all’addome. E lì è cominciato il mio calvario: 16 cicli di chemioterapia e 35 di radioterapia, proprio nel momento in cui mia moglie era rimasta incinta. Tutto potevo pensare tranne che la Marina nel giro di tre mesi mi lasciasse senza stipendio. E invece è successo proprio questo. Improvvisamente mi sono ritrovato sfrattato da casa e nell’impossibilità di pagare persino le visite per la gravidanza di mia moglie”.

Questo perché non le riconoscevano la causa di servizio della malattia, evidentemente.
“Certo, pretendevano che fossi io a provare il nesso di causa-effetto. Ma io so solo che fino al 2002, subito prima di partire per la mia prima missione, ero un ferro. Al comando incursori della Marina a La Spezia mi hanno rivoltato come un calzino sottoponendomi ad ogni tipo di analisi e visita medica. Se avessi avuto anche uno solo di questi maledetti metalli che mi girano dentro lo avrebbero rilevato”.

Per quanto tempo è rimasto senza stipendio?
“Per un anno esatto. Appena ho potuto, il 15 ottobre 2006, esattamente il giorno in cui nasceva la mia prima figlia, sono dovuto partire per Taranto per un corso che mi avrebbe reinserito in servizio. Da lì mi mandarono ad Augusta dove i medici mi hanno ritenuto non idoneo al servizio, facendomi transitare nei ruoli civili del ministero della Difesa. Per sopravvivere e pagare i debiti ho dovuto trasferirmi a casa di mio padre a Torino. E ho deciso, assistito dai miei avvocati Pietro Gambino ed Ezio Bonanni, di dare battaglia. Il Tar mi ha dato ragione e finalmente ora il Consiglio di Stato ha respinto il ricorso dei ministeri aprendo la strada al dovuto riconoscimento dei diritti dei tanti che, come me, si sono ammalati perché lo Stato che serviamo ci ha esposto a rischi che non avremmo dovuto correre. Ora spero in un risarcimento”.

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