Sarebbe stata finanziata con i soldi del pizzo agli imprenditori vesuviana, la lunga latitanza di Francesco Maturo, per gli inquirenti uno dei reggenti del clan Fabbrocino. L’ex primula rossa della camorra vesuviana, catturato ad Angri il 9 maggio 2014 dopo una fuga durata quasi 2 anni, avrebbe “riciclato” i soldi del racket per tenere in piedi la fitta rete di connivenze che gli avrebbe consentito di sfuggire ai controlli delle forze dell’ordine. Un retroscena emerso dai contorni dell’inchiesta che nei giorni scorsi ha fatto luce sulle dinamiche interne al clan D’Avino di Somma Vesuviana, la cosca alleata con i Fabbrocino nella gestione delle attività illecite all’ombra del Vesuvio.
Secondo gli inquirenti, sulla scorta di alcune intercettazioni che vedono protagonisti diversi degli indagati, il clan di San Gennaro Vesuviano, avrebbe intensificato la pressione estorsiva sugli imprenditori di Somma Vesuviana, territorio gestito dai clan D’Avino e Sarno, per finanziare la latitanza dell’uomo di punta dei Fabbrocino.
«Andarono a due o tre parti a Somma a prendere i soldi ehh dice che quello di San Giuseppe andò da … e disse che gli servivano a lui perché era latitante». Parole ripetute al telefono da uno degli indagati e ritenute, dall’Antimafia, una prova del ruolo apicale che Maturo avrebbe assunto all’interno della cosca durante il periodo nel quale era ricercato.
I soldi del pizzo ai commercianti – si parla nell’intercettazione di un negozio di vendita di generi alimentari – avrebbero, per gli inquirenti, consentito a Maturo di pagare il costo della latitanza e di fornire il giusto contributo per “comprare” la fedeltà della stretta schiera di soldati che lo avrebbero aiutato.
Il boss del clan Fabbrocino, ricercato dal dicembre del 2012 in quanto destinatario di un provvedimento di arresto per estorsione aggravata dal metodo mafioso, venne catturato nel 2014 in provincia di Salerno all’interno di una villetta a due piani. L’ex latitante stava dormendo quando i carabinieri hanno fatto irruzione all’interno dell’abitazione. Maturo aveva una pistola sul comodino e l’atra in un armadio.
I soldi del pizzo raccolti a Somma Vesuviana, potrebbero essere stati utilizzati anche per acquistare il documento falso scoperto a margine del blitz e per pagare gli autisti, sempre diversi, che Maturo – secondo l’inchiesta che portò al suo arresto – avrebbe utilizzato per sfuggire ai controlli.
Una lunga fuga resa possibile, secondo l’Antimafia, anche grazie ai soldi che la camorra vesuviana avrebbe strappato, con intimidazioni e minacce, agli imprenditori.