E’ l’alba a Ercolano, quando un bagliore si fa spazio tra la pioggia e il silenzio della notte. Sul cielo cupo che copre gli scavi c’è un elicottero dei carabinieri con installata una telecamera. L’obiettivo è puntato sui palazzi sgarrupati del mercato, sull’area a ridosso del museo archeologico virtuale di via IV Novembre, sull’ingresso degli scavi. Quella strada che di giorno è affollata di turisti per gli uomini del maggiore Michele De Rosa è più semplicemente la “domus” dello spaccio, un supermarket della cocaina piazzato davanti alle “bellezze” di quella città maledetta. A gestirla ci sarebbe un gruppo di giovani “P.R.” della coca, di età compresa tra i 22 e 38 anni. In tutto sono 7 e ieri mattina sono finiti in manette in quanto destinatari di un’ordinanza di custodia cautelare firmata dal Gip Roberto D’Auria su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli. Sono accusati, a vario titolo, di aver messo in piedi un’associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di sostanze stupefacenti con l’aggravante di aver agito per favorire gli interessi del clan Ascione-Papale, la cosca con base a vico Moscardino, a due passi dagli scavi. Le indagini, partite nel 2014, avrebbero consentito ai carabinieri di accertare quasi 50 casi di spaccio di cocaina attraverso 200 pagine di intercettazioni telefoniche, dichiarazioni di pentiti e clienti, appostamenti, sequestri e immagini captate, dall’alto, con telecamere a infrarossi. In carcere è finito Salvatore Infante 31enne di via Pignalver e nipote di Giuseppe Infante, uomo del clan Birra (rivali degli Ascione-Papale), ucciso nel 2001 nell’ambito della sanguinosa faida di camorra andata in scena all’ombra del Vesuvio.
CRONACA
18 maggio 2016
Ercolano. Scavi, museo e coca. I filmati a infrarossi incastrano la banda