In silenzio, aspettando un gol. Leonardo Menichini si cuce la bocca. La sua vigilia più lunga l’ha trascorsa con la squadra, dalla rifinitura di Roma al ritiro pre-gara di Paestum. «Il mister preferisce non parlare», fa sapere la Salernitana che salvo un paio d’eccezioni, da quando il trainer di Ponsacco è tornato sulla panchina del cavalluccio marino, ne ha puntualmente “filtrato” il pensiero, pubblicando le sue dichiarazioni di presentazione delle partite attraverso il sito internet di bandiera. Una copertina d’una trentina di righe che sostituiva la presto accantonata abitudine della conferenza stampa. Stavolta no. Non una parola. Il tecnico granata s’è chiuso in sé. L’aveva già fatto dopo il 90esimo del match di Cagliari, dove a schiumar rabbia per l’arbitraggio e a chiedere ai tifosi l’ultimo sforzo in vista della sfida dell’Arechi contro il Como erano stati il ds Angelo Fabiani e il capitano Manolo Pestrin. Nessuno s’aspettava tuoni né uscite sensazionali da Menichini, ovvio. Magari il solito appello alla concentrazione, alla necessità di pensare soltanto a vincere la partita senza farsi distrarre da quel che contemporaneamente accadrà sugli altri campi, alla responsabilità che il gruppo ha nei confronti d’uno stadio che ancora una volta sarà gremito e ribollente di passione. Al diavolo pure la ritualità, invece. Ché tanto in certi momenti non c’è neppure bisogno di parole, che resterebbero vuote se alle otto e mezzo di stasera non arrivasse l’eco del campo. Testa e cuore sulla partita, allora. Per provare a completare in extremis una rimonta affannosa, e però pure costante, che dall’inizio della gestione Leo-bis ha (ri)portato la Salernitana sulla linea di galleggiamento.
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