Il quotidiano ‘Il Tempo’ riporta l’intera deposizione dell’ultra’ romanista Daniele De Santis relativamente a quanto accaduto il 3 maggio 2014, il giorno in cui De Santis ha sparato al tifoso napoletano Ciro Esposito:
“Hanno iniziato a picchiarmi, non so per quanto tempo. Ho provato a muovermi ma sono ricaduto e in quell’attimo ho visto uno di loro, il loro capo, una persona alta e grossa più di me, che si avvicinava a me con una pistola in mano girata dalla parte del calcio. Gli ultras non usano le pistole. Mi ha colpito alla testa con l’arma e io, con la forza della disperazione, gli ho agganciato il braccio e sono riuscito a disarmarlo. Non so come ho fatto, probabilmente mi ha aiutato il fatto che faccio karate da quando sono piccolo. A quel punto, quando ho sentito di avere la pistola in mano, ho sparato. Mi hanno quasi ammazzato e ho molta rabbia dentro perché per due anni tutti mi hanno dipinto come un mostro e io non sono un mostro. Non sapevo di avere colpito qualcuno. Poi mi hanno picchiato di nuovo e sono svenuto. Solo dopo ho saputo di Ciro Esposito; penso sempre a quello che è successo e mi dispiace per la morte di Esposito”Non mi sono mai mosso dal cancello e la strada stava a trenta metri e da dove stavo io ho iniziato a fare gesti ai pullman per farli spostare da quella zona perché erano pieni di tifosi e nel circolo sportivo dove faccio il guardiano c’erano le partite dei più piccoli ed era pieno di bambini. Ma che so’ Rambo io, che me metto a assalì n’autobus da solo? Io ero solo quel giorno”.