Dopo Fedez anche Gigi D’Alessio lascia la Siae e si affida a Soundreef per la raccolta dei suoi diritti d’autore. L’accordo è stato firmato oggi tra il cantautore e l’amministratore delegato di Soundreef, Davide D’Atri. D’Alessio, forte di 20 milioni di dischi venduti in tutto il mondo e con un repertorio di circa 750 brani (uno dei più grandi della discografia italiana) ha incaricato Soundreef, una delle prime società in Europa ad essere riconosciuta dal governo inglese ai sensi della nuova direttiva, di riscuotere dall’1 gennaio 2017 i suoi proventi musicali. “Volevo prendere due piccioni con una fava con un passaggio che è un po’ una provocazione, dando uno stimolo alla Siae e una mano ai giovani”, ha spiegato D’Alessio all’Adnkronos aggiungendo: “Ho accettato la loro proposta, adesso bisogna vederli sul campo. Ma sono giovani e occorre dar loro la possibilità”. “Io credo nei giovani – ha aggiunto il cantautore napoletano – e credo anche che il mondo vada avanti e serva sempre più tecnologia per affrontare le sfide della modernità. Inoltre Soundreef, a differenza di Siae, oltre a tutelare i diritti, si occupa di diffondere la musica. So che hanno fatto accordi con grandi catene di distribuzione come, ad esempio, Auchan”.
Secondo l’artista “sarà inevitabile in futuro la collaborazione tecnica tra la Siae e Soundreef perché, oltre alla sana competizione tra le due società, ci sono da recuperare i diritti di artisti che collaborano tra loro pur appartenendo uno a Siae e un altro a Soundreef. Io, ad esempio, ho scritto alcune canzoni con Mogol che è un artista Siae, quindi le due società non potranno non parlarsi per il recupero dei diritti su quei brani”. E avverte: “Bisogna stare al passo coi tempi e sono convinto che prima o poi anche altri artisti sceglieranno Soundreef. Per questo il mio passaggio vuole essere una sorta di provocazione: mettere un po’ di pepe secondo me non fa male né alla Siae, né a Soundreef, né soprattutto a noi autori che non possiamo che beneficiarne. Io – conclude – non sono mai stato d’accordo con il monopolio”.
“Siamo felicissimi – commenta D’Atri – per l’arrivo di Gigi e questo ci testimonia che siamo sulla strada giusta dell’innovazione, e della necessità di cambiare garantendo meglio tutti, soprattutto i più deboli. Con la direttiva Barnier l’Unione europea ha preso atto della rivoluzione digitale in corso e della conseguente fine dell’era dei pochi monopoli che ancora resistono come quello italiano della Siae. Credo che presto assisteremo a un effetto domino. Abbiamo tanti contatti in fase avanzata di artisti che hanno espresso la loro volontà di cambiare, esercitando la libertà che la Direttiva riconosce loro”.
“Non era per me una scelta facile, ma ho creduto nel progetto di questi giovani e credo nel libero mercato. Laddove c’è il monopolio il mercato non cresce. Sono certo – ha concluso il cantante napoletano – che tanti altri colleghi ci seguiranno su questa strada”.
La direttiva Barnier dell’Unione europea riconosce a tutti gli autori ed editori europei la libertà di scegliere a quale società di gestione dei diritti affidarsi per tutti o taluni diritti ed apre così un mercato, quello sulla gestione ed intermediazione dei diritti d’autore, che in Europa vale circa 5 miliardi di euro. La Direttiva nel nostro Paese non è ancora stata recepita. Proprio per sollecitarne il recepimento, Soundreef e oltre 300 fra imprenditori e investitori, nelle scorse settimane, hanno inviato una lettera al presidente del Consiglio Matteo Renzi.
“Soundreef – spiega D’Atri – rendiconta le utilizzazioni entro 7 giorni dal concerto e paga le royalty entro 90 giorni dal concerto, sia per il nazionale che per l’internazionale. La nostra rendicontazione è analitica al 100%. Ciò che viene suonato viene pagato e gli utenti attraverso l’account online possono verificare in tempo reale come e quando hanno guadagnato”.
“La determinazione puntuale e digitale dei compensi – si legge in una nota di Soundreef – favorirebbe soprattutto i giovani autori, che attualmente non riescono a recuperare neppure le quote di iscrizione a Siae. Il 60% degli iscritti non recupera nemmeno la quota d’iscrizione. Lo statuto della Società Italiana Autori ed Editori, infatti, attribuisce agli iscritti tanti diritti di voto quanti sono gli euro incassati come diritti d’autore. Con questo meccanismo tutte le decisioni (anche quelle sulla ripartizione dei diritti) sono prese dagli autori ‘più ricchi’, obbligando gli emergenti e quindi la maggior parte degli iscritti (80 mila in tutto) a subirne le scelte”.