Da Cava de’ Tirreni al set di Gomorra. Irene Maiorino, attrice 31enne, è la star del momento della fiction Gomorra. Si è trasferita a Roma a 18 anni, dove si laureata al Dams. Da lì esperienze teatrali, televisione e cinema. Da qualche minuto è in onda con la serie cult di Sky.
Signora Maiorino, allora come è arrivata la possibilità di arrivare a recitare in Gomorra?
«Il percorso per arrivare ad un film, o ficition che sia, è sempre lo stesso: ci sono i provini a cui si accede tramite agenzia, anche se in alcuni casi e per alcuni ruoli, soprattutto per un certo realismo di cui anche e soprattutto Gomorra si nutre, sempre più spesso si guarda anche alla ‘strada’ per cercare i personaggi. Ad ogni modo, salvo specifiche operazioni di cinema con non professionisti, un prodotto come quello di Sky affida comunque la narrazione a veri e propri attori, condendo però il cast, a partire dalle figurazioni speciali, anche di non attori. Penso che in prodotti come Gomorra non si possa prescindere da questa unione di professionismo e non».
Il suo personaggio potrà scuotere le coscienze dei tanti giovani che seguono la fiction?
«Lo spero. Senza pensare se in bene o in male. Esattamente come la serie stessa non si prefigge di fare. non c’è’ giudizio o indicazioni di alcun genere, certo è che Teresa ha una sola arma, il cuore, e questo forse un po’, spero, farà la differenza. La storia di Teresa un po’ farà pensare a come nonostante i sentimenti di amore,spesso è difficile contrastare una vita difficile. E sono curiosa di scoprire quante donne hanno vissuto la storia di Teresa».
Ci racconti qualche curiosità sul set.
«La scena della morte è stata la mia prima scena da girare. Il mio benvenuto. un deep impact proprio allo stile Gomorra. Grandi emozioni»
Chi è il più bravo degli attori con cui ha recitato in Gomorra?
«E’ una domanda strana questa, rintracciare un’oggettività nel giudizio di bravura. bravi bravissimi sono tutti, ed è bello confrontarsi con attori diversi. Noi siamo uno strumento ognuno lo suona a proprio modo e accordarsi è qualcosa di speciale. Comunque, sicuramente l’incontro con Lino Musella con cui ho lavorato maggiormente, è stato un gran bel momento di lavoro».
Lei è di Cava de’ Tirreni. Vuole salutare i suoi concittadini che la seguono?
«Saluto certamente Cava e Napoli e Parigi e mille altri luoghi dove sono nata passata cresciuta o magari ho vissuto anche solo per alcuni mesi. Dico questo perché ‘andare’ è davvero importante. tanto quanto doloroso, ma necessario. Le radici sono importanti ma anche cambiare prospettiva, se non altro per staccarsi anche un po’ da sé. E devo molto alla mia voglia di non accontentarmi che mi spinge, ora sopratutto,a continuare a cercare, lavorare. Ogni arrivo è un’occasione per ripartire».
Cosa si sente di dire a chi imita solo gli atteggiamenti negativi della serie tv?
«Il problema, se così si può chiamare,non sono i film o le fiction che vengono accusate di presentare modelli educativi sbagliati. Se qualche ragazzo ancora si perde nel rispecchiarsi in certi modelli, questo deve farci capire quanto lavoro c’è da fare prima, molto prima, a partire dall’educazione a casa e poi a scuola. Formiamo piuttosto i giovani investendo su cultura e istruzione, occupandoci di loro prima e a prescindere dalle mode cinematografiche del momento».