Tutto e’ cominciato durante un pellegrinaggio a Medjugorje. In quel luogo meta di viaggi di fede e speranza, due fratelli di 13 e 15 anni raccontarono di aver subito abusi sessuali proprio dal quel parroco che li aveva accompagnato e di cui si fidavano ciecamente. Abbracci baci e carezze nelle parti intime che poi sarebbero proseguiti anche al ritorno a Palermo. Una storia che ha trovato adesso una prima conclusione giudiziaria con la condanna a sei anni a quattro mesi di reclusione, emessa dal gup Sergio Ziino, per don Roberto Elice, 37 anni, ex parroco della chiesa Santissima Assunta. Il giudice e’ andato oltre la richiesta del pm che aveva sollecitato una condanna a cinque anni. Nel processo si e’ costituita parte civile la madre dei due adolescenti. Al suo avvocato Mario Zito, che ha preannunciato appello, Elice ha consegnato una lettera nella quale dice di sperare che i due adolescenti non debbano patire conseguenze gravi dal suo comportamento. Il prete era stato arrestato dalla polizia il 2 febbraio scorso mentre si trovava a Roma, dopo oltre un anno di indagini. A scoprire gli abusi fu la madre dei due fratellini, che denuncio’ il sacerdote nel 2014. Dopo essere stato indagato, il prete confesso’ tutto. “Mi sono autodenunciato alla Curia a novembre del 2014″, disse al gip. La Curia, dopo la confessione, trasferi’ il parroco a Roma in una struttura per sacerdoti con problemi, lo sospese a divinis e avvio’ un procedimento penale canonico a suo carico. Durante l’interrogatorio l’indagato ammise le sue responsabilita’ e confesso’ di aver dato baci e carezze ai due fratelli. Il procuratore aggiunto Salvatore De Luca e il sostituto Claudio Camilleri, proprio per l’evidenza della prova, decisero di chiedere il rito abbreviato, saltando cosi’ l’udienza preliminare. Durante le indagini gli investigatori, inoltre, risalirono ad una terza presunta vittima, un ragazzo ora maggiorenne, che negli anni passati avrebbe ricevuto le stesse ‘attenzioni’ dei due fratelli. Quando il sacerdote ‘confesso” le sue colpe alla Curia l’ex arcivescovo Paolo Romeo sostenne in un’intervista: “Abbiamo subito contattato la madre dei bambini informandola del suo diritto-dovere di denunciare. Ci disse che l’aveva gia’ fatto. Noi abbiamo seguito le regole del diritto canonico. Ci siamo offerti anche di sostenere economicamente la mamma dei bambini”. Alla domanda se non fosse stato il caso di avvertire tempestivamente la procura, il cardinale Romeo rispose che “alla Chiesa non tocca fare alcuna denuncia alla procura. Con don Roberto si e’ adottata la massima severita’. Certo, un padre non puo’ abbandonare il proprio figlio, anche in questa situazione cosi’ grave. E il vescovo e’ un padre”. Il suo successore alla guida della chiesa palermitana don Corrado Lorefice, dopo l’emissione della custodia cautelare in carcere per don Elice, espresse subito “profonda solidarieta’ alle vittime delle violenze subite e ai loro familiari” e chiese “loro perdono”Tutto e’ cominciato durante un pellegrinaggio a Medjugorje. In quel luogo meta di viaggi di fede e speranza, due fratelli di 13 e 15 anni raccontarono di aver subito abusi sessuali proprio dal quel parroco che li aveva accompagnato e di cui si fidavano ciecamente. Abbracci baci e carezze nelle parti intime che poi sarebbero proseguiti anche al ritorno a Palermo. Una storia che ha trovato adesso una prima conclusione giudiziaria con la condanna a sei anni a quattro mesi di reclusione, emessa dal gup Sergio Ziino, per don Roberto Elice, 37 anni, ex parroco della chiesa Santissima Assunta. Il giudice e’ andato oltre la richiesta del pm che aveva sollecitato una condanna a cinque anni. Nel processo si e’ costituita parte civile la madre dei due adolescenti. Al suo avvocato Mario Zito, che ha preannunciato appello, Elice ha consegnato una lettera nella quale dice di sperare che i due adolescenti non debbano patire conseguenze gravi dal suo comportamento. Il prete era stato arrestato dalla polizia il 2 febbraio scorso mentre si trovava a Roma, dopo oltre un anno di indagini. A scoprire gli abusi fu la madre dei due fratellini, che denuncio’ il sacerdote nel 2014. Dopo essere stato indagato, il prete confesso’ tutto. “Mi sono autodenunciato alla Curia a novembre del 2014″, disse al gip. La Curia, dopo la confessione, trasferi’ il parroco a Roma in una struttura per sacerdoti con problemi, lo sospese a divinis e avvio’ un procedimento penale canonico a suo carico. Durante l’interrogatorio l’indagato ammise le sue responsabilita’ e confesso’ di aver dato baci e carezze ai due fratelli. Il procuratore aggiunto Salvatore De Luca e il sostituto Claudio Camilleri, proprio per l’evidenza della prova, decisero di chiedere il rito abbreviato, saltando cosi’ l’udienza preliminare. Durante le indagini gli investigatori, inoltre, risalirono ad una terza presunta vittima, un ragazzo ora maggiorenne, che negli anni passati avrebbe ricevuto le stesse ‘attenzioni’ dei due fratelli. Quando il sacerdote ‘confesso” le sue colpe alla Curia l’ex arcivescovo Paolo Romeo sostenne in un’intervista: “Abbiamo subito contattato la madre dei bambini informandola del suo diritto-dovere di denunciare. Ci disse che l’aveva gia’ fatto. Noi abbiamo seguito le regole del diritto canonico. Ci siamo offerti anche di sostenere economicamente la mamma dei bambini”. Alla domanda se non fosse stato il caso di avvertire tempestivamente la procura, il cardinale Romeo rispose che “alla Chiesa non tocca fare alcuna denuncia alla procura. Con don Roberto si e’ adottata la massima severita’. Certo, un padre non puo’ abbandonare il proprio figlio, anche in questa situazione cosi’ grave. E il vescovo e’ un padre”. Il suo successore alla guida della chiesa palermitana don Corrado Lorefice, dopo l’emissione della custodia cautelare in carcere per don Elice, espresse subito “profonda solidarieta’ alle vittime delle violenze subite e ai loro familiari” e chiese “loro perdono”
CRONACA
11 giugno 2016
Orrore a Medjugorje: la Chiesa trema