Dal prossimo anno sara’ possibile uscire dal lavoro fino a tre anni prima dell’eta’ di vecchiaia con l’anticipo pensionistico (Ape) da restituire in 20 anni. Ma per chi lascia l’impiego volontariamente la rata di prestito potrebbe arrivare fino al 15% dell’assegno per quei 20 anni: e’ quanto emerso all’incontro tra Governo e sindacati sulla previdenza. Il Governo ha ribadito la necessita’ di tenere insieme l’equilibrio dei conti pubblici con l’equita’ sociale e l’intenzione di concentrare le risorse sulle situazioni piu’ problematiche e quindi soprattutto su chi a pochi anni dall’eta’ di vecchiaia ha perso il lavoro o rischia di perderlo. L’intenzione e’ di introdurre flessibilita’ in uscita senza modificare la legge Fornero, utilizzando strumenti finanziari (considerando che la stima dei costi e’ di 10 miliardi). Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Tommaso Nannicini, ha spiegato che il meccanismo di anticipo pensionistico sara’ sperimentale per tre anni e che riguardera’ l’anno prossimo i nati tra il 1951 e il 1953 (si estendera’ nel 2018 ai nati nel 1954 e nel 2019 ai nati nel 1955). In pratica chi e’ distante meno di tre anni dall’accesso alla pensione potra’ chiedere all’Inps di certificare il requisito e di accedere allo strumento. Il montante pensionistico sara’ quello raggiunto al momento della richiesta dell’anticipo mentre il coefficiente di trasformazione sara’ quello del momento nel quale si raggiunge l’eta’ di vecchiaia. L’istituto di previdenza si interfaccera’ con istituti finanziari che anticiperanno il capitale. Il prestito, ha spiegato Nannicini, sara’ “senza garanzie reali” e in caso di premorienza non ci si rivarra’ sugli eredi. Sara’ pagato con una rata sulla pensione, ma si ragiona anche su una detrazione fiscale in modo da ridurre i costi di questo meccanismo, in particolare per “i soggetti piu’ deboli e meritevoli di tutela”. I tempi per la restituzione del prestito dovrebbero essere di 20 anni, quindi nel caso di uscita a 64 anni si pagheranno rate fino a 84. “Lo strumento – ha spiegato Nannicini – e’ molto flessibile. La detrazione fiscale potra’ essere modificata per categorie diverse”. In pratica ci saranno costi minori per chi ha perso il lavoro e costi piu’ alti per chi decide volontariamente di lasciare l’impiego prima dell’eta’ di vecchiaia. “La penalizzazione e’ implicita”, e’ costituita cioe’ dalla stessa rata di ammortamento, ha inoltre affermato. “E’ stata una giornata positiva – ha detto il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano Poletti – di lavoro importante. Siamo passati dall’elenco delle tematiche a una valutazione di merito”. Il confronto sulla previdenza prosegue il 23 giugno, mentre il 28 giugno ci sara’ un focus piu’ specifico sulla rivalutazione delle Pensioni gia’ in vigore. Il 30 giugno e’ prevista una riunione sulle politiche attive per il lavoro. I leader di Cgil, Cisl e Uil intanto apprezzano l’avvio del confronto di merito, che proseguira’ con gli altri appuntamenti in calendario. “C’e’ la disponibilita’ del governo ad entrare nel merito di vari aspetti”, ha commentato il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso, auspicando che il confronto “produca dei risultati. Ad oggi abbiamo iniziato. C’e’ qualche novita’ positiva”. Comunque “abbiamo bisogno di un quadro di insieme e abbiamo ribadito che il nostro obiettivo e’ andare ad una modifica effettiva della legge Fornero”. Parla di “clima cambiato” il numero uno della Cisl, Annamaria Furlan, perche’ “si e’ attivato un confronto vero. Credo che dovremo proseguire con questo spirito. Abbiamo iniziato un percorso e cerchiamo di farlo fruttare”. “Non abbiamo ancora un giudizio complessivo, perche’ occorre ancora scandagliare il merito”, ha detto il leader della Uil, Carmelo Barbagallo, tuttavia “di positivo vedo” il fatto che i futuri pensionati non avranno un rapporto diretto con banche e assicurazioni ma continueranno a raffrontarsi con l’Inps. “Il Paese – ha rimarcato – si aspetta qualcosa di buono, vediamo di non deluderlo”.
CRONACA
15 giugno 2016
Pensioni: ecco cosa si perde per uscire tre anni prima dal lavoro