Salerno/Scafati. è arrivato negli uffici della Procura antimafia di Salerno poco dopo le undici, accompagnato da sette carabinieri in borghese addetti al servizio centrale di protezione il collaboratore che sta facendo tremare Scafati. Alfonso Loreto junior si guardava intorno, nei corridoi che portano alla sezione distrettuale della città d’Arechi, seguito passo per passo dalla scorta addetta ai pentiti, in attesa di essere ascoltato, di nuovo, dal pool di magistrati della Procura di Salerno. Le sue dichiarazioni, rilasciate in più occasioni, sono in fase di riscontro da parte degli investigatori che compongono il gruppo al lavoro sul caso-Scafati. I pubblici ministeri Giancarlo Russo, Maurizio Cardea e Vincenzo Montemurro seguono i diversi filoni dell’indagine, rivolti separatamente ai rapporti criminali collegati alla droga, agli interessi concentrati su estorsioni e imprenditoria, e infine l’asse con la politica, con tutti i derivati degli appalti e degli incarichi traducibili in affari e denari per il neo-clan dei “guaglioni”. Perché Loreto junior rappresenta il nuovo nucleo direttivo dei vecchi patriarchi, nella gerarchia che risale fino a Francesco Matrone, “Franchino a’belva”, per arrivare all’ex primula rossa cutoliana Pasquale Loreto, suo padre, e ai Romolo Ridosso, quest’ultimo finito in carcere recentissimamente su indirizzo della Corte Suprema di Cassazione. Alfonso Loreto junior custodisce i dettagli dei rapporti con il palazzo, i meccanismi del voto, arrivati all’attenzione della parte più “politica” dei fascicoli aperti, con gli accertamenti in corso per le aziende destinatarie di ricchi appalti e incarichi pubblici.
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