E’ uno dei marchi di spicco della salumeria italiana grazie alle grandi innovazioni che dal 1978 ad oggi aveva legato il suo nome alla produzione di prosciutto cotto, in particolare con l’avvento del prodotto in vaschetta. Testimonial nel tempo erano stati anche Sofia Loren e Christian De Sica mentre nel calcio aveva stretto importanti partnership con Lazio e Milan. La crisi economica, nei mesi scorsi, aveva pero’ costretto i proprietari, la famiglia Rosi, ad affidarsi ad un giudice per la richiesta di un concordato, oggi probabilmente l’atto finale con il blitz della Guardia di Finanza. Gli uomini delle Fiamme Gialle si sono presentati nella sede del gruppo Parmacotto spa di Marano, paese della fascia collinare parmense, ed hanno effettuato una maxisequestro di beni per 11 milioni di euro. La Guardia di Finanza di Parma ha dato esecuzione ad un provvedimento urgente emesso della Procura a seguito di una indagine dove si ipotizza il reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. L’azienda, nel settembre del 2011, avrebbe infatti ottenuto attraverso artifici contabili, false attestazioni e falsi nel bilancio di esercizio proprio 11 milioni di euro dalla Simest, ente all’epoca del Ministero dell’Economia e delle Finanze (che ha finalita’ di sostenere e sviluppare investimenti produttivi e programmi di sviluppo di aziende italiane sane e redditizie). Tale liquidita’ finanziaria, in tutto e per tutto “denaro pubblico”, sarebbe stata concessa secondo gli inquirenti grazie appunto ad un bilancio non rispondente alla reale situazione economica e finanziaria dell’azienda: in particolare, in quell’anno, gli amministratori avevano rinviato a esercizi futuri costi di gestione gia’ certi nella loro manifestazione, evitando cosi’ di far apparire una consistente perdita di esercizio. La situazione economica si e’ comunque palesata nella sua drammaticita’ nel 2014 quando la societa’ si e’ vista costretta a ricorrere alla procedura, prevista dalla legge Fallimentare, del “concordato preventivo in continuita’”, per le enormi perdite, ormai non piu’ ”occultabili”. Nel registro degli indagati sono finite due persone, una e’ Marco Rosi, presidente del gruppo Parmacotto spa nel 2011. Una vicenda che ha scatenato anche la polemica politica. ”E’ incredibile che 11 milioni di euro di denaro pubblico possano essere prestati come conseguenza di una truffa, quando quotidianamente a tante imprese italiane sono negati prestiti per poche migliaia di euro” ha sottolineato Giovanni Paglia, deputato di Sinistra Italiana in commissione Finanze a Montecitorio, che sui fatti ha depositato un’interrogazione al Ministro dell’Economia. Nel frattempo l’azienda sotto sequestro non cessera’ la propria attivita’. Il complesso dei beni aziendali, sottoposti a vincolo giudiziario, verranno utilizzati e gestiti sotto il controllo di un ”amministratore giudiziario” professionista del settore, appositamente nominato dalla Procura della Repubblica, al fine di garantire la continuita’ e lo sviluppo aziendale e sino al completo recupero, da parte dello Stato, delle somme illecitamente percepite dalla societa’. Obiettivo salvare il marchio e la produzione ma la situazione appare molto difficile. Se nei mesi scorsi la maggioranza dei creditori aveva approvato il concordato, che prevede una consistente riduzione della produzione, il taglio di circa 40 dipendenti con la mobilita’ su base volontaria e la dismissione dello stabilimento di Marano, oggi appare difficile che arrivi l’omologa dell’accordo. L’udienza e’ fissata presso il Tribunale di Parma per il prossimo 6 luglio.
CRONACA
5 luglio 2016
Scandalo alla Parmacotto: blitz della guardia di finanza, ecco cosa hanno scoperto