BATTIPAGLIA – Un congedo da cinema. Anzi, da piccolo schermo. Hanno fatto la loro comparsa nel cortile della caserma di Battipaglia di buon mattino, i cinque arrestati nell’ambito del blitz “Game Over”. I quali, prima del trasferimento in carcere, non hanno mancato di rivolgere un saluto ai parenti, mandando baci a destra e a manca con la consapevolezza di avere i riflettori puntati addosso, e che a pochi metri, oltre all’occhio vigile dei carabinieri, c’era anche quello delle telecamere, pronte a immortalare l’uscita di capoclan e scagnozzi. Scene “alla Gomorra”, pur sapendo, gli arrestati, di non avere alcuna necessità di fregiarsi di particolari marchi di fabbrica oltre a quello, conclamato, dei Pecoraro-Renna. E d’altronde, come emerso dalle approfondite indagini condotte dai carabinieri, ciò che ha connotato le azioni messe in atto in un periodo poco superiore ai due anni (dall’aprile 2014 al giugno 2016), è proprio il metodo mafioso, e soprattutto l’obiettivo di esercitare l’egemonia sulle attività di Picentini e Piana del Sele (Montecorvino Pugliano e Rovella, Pontecagnano, Eboli, Battipaglia, Campagna e, indirettamente, la stessa Salerno). Un dato di fatto che peraltro tenderebbe a stridere con alcune delle metodologie adoperate, come ad esempio quella del “cavallo di ritorno”, nei confronti di un finanziatore di Campagna, generalmente prediletta da malviventi di basso profilo.
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