Una tangente di 15mila euro ogni sei mesi. E se non ci fosse stata la possibilità di pagare tutto l’importo, allora la somma versata agli altri due clan, Gallo e Gionta, doveva dividersi non più per due ma per tre, anche per il “terzo sistema”. Il nuovo clan dei dissedenti dei Gionta, fondato e capeggiato dal 26enne Ciro Domenico Perna, aveva messo le mani anche sul cimitero. E’ un altro retroscena inquietante che emerge dall’attività investigativa che ha permesso di decapitare il clan degli scissionisti della costola dei Valentini. I sette rampolli – Ciro Domenico Perna, il fondatore del sodalizio criminale, Vittorio Della Ragione, Gennaro Pinto, Salvatore Orofino, Luigi Gallo, Bruno Milite – arrestati dai carabinieri del nucleo investigativo di Torre Annunziata (agli ordini del maggiore Leonardo Acquaro) su ordine di un provvedimento di fermo emesso dalla Dda, a Natale avevano bussato alle porte del camposanto di via Sepolcri. Dal semplice magazzino avevano deciso di alzare il tiro e puntare ad una delle strutture, a gestione privata e pubblica, imponendo la tangente. Perna, che conosceva bene i sistemi di estorsione messi in campo dal clan dei Gionta – dal quale si è scisso dopo lo scontro con il cognato, la primula rossa Sasà Paduano – vuole puntare a riscuotere una bella fetta di contanti anche dal cimitero, soldi che potranno così far gonfiare tempestivamente le casse del nascente clan. Hanno bisogno di liquidità per comprare armi e carichi di cocaina e Perna con i suoi soldati decide di recarsi dal ragioniere del camposanto. La cifra è chiara e viene decisa in funzione appunto degli altri clan.
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