C’e’ anche un magistrato del Consiglio di Stato tra i dieci indagati coinvolti nell’inchiesta della Procura di Roma che ha portato in carcere questa mattina gli imprenditori Stefano Ricucci e Mirko Coppola. Si tratta di Nicola Russo, componente della commissione tributaria regionale, sospettato di rivelazione del segreto d’ufficio. Gli accertamenti condotti dalla Guardia di Finanza, che ha effettuato questa mattina una quarantina di perquisizioni tra Lazio, Lombardia e Campania, sono relativi al fallimento di una delle societa’ del Gruppo Magiste, riconducibile a Ricucci. Gli inquirenti hanno posto l’attenzione sull’acquisto, effettuato da Filippo Bono, commercialista di Milano, di alcune posizioni creditorie vantate da societa’ apparentemente terze nei confronti della societa’ fallita che sono state poi rivendute nuovamente a Ricucci. In questo contesto, Mirko Coppola avrebbe messo in contatto il commercialista milanese con l’immobiliarista. Tra le posizioni creditorie acquisite vi e’ un credito Iva pari ad oltre 20 milioni di euro, vantato dalla Magiste Real Estate Property spa nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, in attesa di rimborso in quanto oggetto di contenzioso in Cassazione. Infatti, la sentenza di secondo grado, favorevole alla societa’ ricorrente, e’ stata impugnata dall’Agenzia delle Entrate che sostiene l’indetraibilita’ dell’Iva poiche’ relativa ad una fraudolenta compravendita immobiliare effettuata tra due societa’ riconducibili a Ricucci. Dalle indagini delle Fiamme Gialle sono emersi elementi di anomalie circa la regolarita’ del contenzioso tributario in relazione alle motivazioni della sentenza di secondo grado che rappresenta, in buona parte, una sorta di “copia e incolla” delle memorie del contribuente, riproducendone i contenuti e addirittura gli errori di battitura. Particolarmente significativo – per chi indaga – e’ il fatto che l’accordo per l’acquisizione del credito fiscale sia intervenuto nel febbraio 2015, epoca compresa tra la data della camera di consiglio (dicembre 2014) e la data del deposito della sentenza (aprile 2015), quando la decisione era di fatto gia’ stata assunta ma non conoscibile alle parti in causa. Le anomalie portate alla luce da Finanza e Procura hanno consentito di confermare l’interesse di Ricucci a rientrare in possesso degli asset immobiliari e dei crediti nell’ambito dalla procedura fallimentare; di acquisire elementi che proverebbero una conoscenza diretta tra lo stesso immobiliarista e il magistrato Russo, giudice relatore della sentenza di secondo grado che ha annullato la pretesa fiscale dell’Erario; e di rilevare contatti telefonici, nel periodo compreso tra la data della decisione e quello dell’emanazione della sentenza, tra lo stesso Russo e Liberato Lo Conte, ritenuto un soggetto riferibile all’immobiliarista. Nell’ambito di questi accertamenti, sono state trovate poi fatture per operazioni inesistenti tra la Lekythos srl, amministrata da Ricucci, e la PDC Consulting srl, riconducibile a Coppola e formalmente amministrata da un suo prestanome, Luciano Colavecchi.
CRONACA
20 luglio 2016
RICUCCI. 10 indagati, c’è anche un giudice del Consiglio di Stato