Ci sono giocatori che hanno la sfortuna di vivere (calcisticamente parlando) nella stessa epoca di colleghi di ruolo più forti, a volte, molto più forti. E così, ottimi giocatori hanno ricevuto meno onori di quanto avrebbero meritato, limitati da troppo illustri paragoni. Se sei Tricella al tempo di Scirea, se sei Patrizio Sala al tempo di Bruno Conti hai poca “luce”. Si arriva al paradosso che se sei Gianfranco Zola ma giochi al tempo di Maradona non infiammerai le platee come la classe avrebbe meritato. Le fortune calcistiche sono anche legate all’ imponderabile perché, a volte, basta essere “in campo” al momento giusto e allora ti capita di giocare il campionato con le peggiori difese di sempre e diventi l’Higuain dei 36 gol. Se Cristiano Lucarelli, oggi avesse 25 anni sarebbe certamente il centravanti titolare della nostra Nazionale. Nessuno degli attuali attaccanti azzurri è migliore di come è stato lui nei suoi momenti migliori. Cristiano però ha giocato in un epoca in cui in Italia abbondavano i centravanti “forti “. Era il tempo di Vieri, di Toni, di Gilardino ed Inzaghi e a Lucarelli è sempre mancato qualcosa per essere “prima scelta”. Non è stata una questione di tecnica o di senso del gol. Gli è mancata la “garra”, quella che i napoletani chiamano “cazzimma”. Era un lottatore col fisico ma non con la testa, non per mancanza di coraggio, ma perché non era animato dalla febbre della fama e del successo. Ha preferito esser “gloria” nella sua Livorno che avere più soldi in una piazza più importante che, però, non sentiva sua. Nella sua biografia “Tenetevi il miliardo” ha scritto «Ci sono giocatori che con i soldi guadagnati si comprano lo yacht, una Ferrari, una villa al mare. Ecco io con questi soldi mi ci sono comprato la maglia del Livorno». Un libro che non è uscito a fine carriera, come quelle autobiografie livorose di chi si leva i sassolini dalle scarpe perché è ormai fuori dai giochi. Il libro di Lucarelli e Pallavicino (suo agente) è uscito quando Cristiano era ancora “in campo”. Cristiano ha pagato anche il suo essere dichiaratamente di sinistra, in un mondo, quello del calcio, in cui girano tanti (troppi) soldi, certe simpatie politiche non sono gradite ai Presidenti. E l’esser giovani, ricchi, famosi e, a volte belli, spesso non favorisce una vera coscienza sociale. Ha segnato oltre 200 gol da professionista in tutti i campionati, comprese le esperienze (poco fortunate ) a Valencia e con lo Shakhtar. Pur avendo vinto la classifica dei cannonieri di serie A con 24 gol nel 2004/05 col Livorno, gioca solo 6 partite in Nazionale (3 reti) pagando l’aver scelto una piazza (la sua città) poco influente sui “media” per spingerlo in azzurro. I suoi successi calcistici sono legati alle maglie del Lecce (27 gol) e soprattutto a quella amaranto del Livorno (102 gol), anche se ne ha indossate molte altre (anche quella del Napoli a fine carriera). La storia d’amore col tifo labronico finisce per il sospetto (mai provato) di una combine in una partita col Parma dove gioca suo fratello Alessandro. Gli eroi del calcio non devono avere zone d’ombra ma, spesso, la viscerale identificazione travalica il gioco stesso. Si racconta che Maurizio, il padre di Cristiano ed Alessandro, è così tifoso del Livorno che in una partita delle serie cadette tra il Livorno e una squadretta locale dove giocavano i suoi due figli, agli albori della loro carriera, ha tifato Livorno senza sconti. Cristiano Lucarelli non è Cristiano Ronaldo ma ora giocherebbe in Nazionale e nella partita degli Europei contro la Germania avrebbe segnato il suo rigore, tirandolo forte forte, evitando le smanie da fighetti, degli attuali attaccanti azzurri.
SPORT
6 agosto 2016
Cristiano Lucarelli, il centravanti che manca alla Nazionale