Napoli ce l’ha nel cuore. L’ha vissuta nel profondo, in pieno, prima ancora che diventasse calciatore degli azzurri. Lontano dal gossip e dalla vita mondana, a due passi dallo stadio San Paolo. Sì, perché Lorenzo Insigne è un napoletano doc, uno di quegli scugnizzi dalla faccia acqua e sapone che incontri passeggiando tra i vicoli partenopei. Nato a Frattamaggiore, secondogenito di Carmine e Patrizia, l’attaccante classe ‘91 deve tutto a Zeman e Mazzarri. I suoi maestri, gli angeli custodi che l’hanno aiutato nella scalata dalla C alla A dopo un’adolescenza spesa tra un mercatino e un altro da venditore ambulante. Cresciuto alla corte della scuola calcio Olimpia Sant’Arpino, Lorenzo Insigne fu scartato dall’Inter prima di entrare a far parte del settore giovanile del Napoli. All’epoca la dirigenza azzurra lo strappò al Torino per appena 1500 euro. «Mi dissero che ero bravo ma un po’ bassino», la confessione dell’ala degli azzurri alla radio ufficiale. Insigne è uno di quei calciatori cresciuti a pane e pallone, uno di quelli che ha trascorso la sua infanzia sui campi polverosi della periferia, conservando nel cassetto un solo sogno, quello di indossare la maglia del Napoli. Ma ne passa di tempo prima che quel sogno diventi realtà. Insigne gira parecchio tra Cavese, Foggia e Pescara. Ed è tra l’Abruzzo e la Puglia che arriva la sua consacrazione: alla corte del maestro Zeman, il primo ad impiegarlo come esterno alto nel 4-3-3, riesce a mettere a segno la bellezza di 37 gol in due stagioni. Numeri straordinari che ha confermato grazie all’arrivo di Sarri in panchina. Prima del toscano, però, c’è stato un altro tecnico ad aiutarlo nella sua crescita. Parliamo di Mazzarri, l’uomo che gli regala l’esordio in Serie A con la maglia del Napoli addosso contro il Livorno. Il 16 settembre 2012 firma la prima rete con la casacca azzurra nella gara interna contro il Parma, fissando il risultato sul definitivo 3-1 per i partenopei dopo essere subentrato a Cavani. Con l’attuale allenatore del Watford, Insigne ha giocato 44 partite, firmando 5 gol e fornendo 9 assist. Poi a Napoli arriva Benitez, il tecnico che gli chiede qualche sacrificio di troppo nel suo 4-2-3-1. Con lo spagnolo gioca 79 partite, mettendo a segno 11 gol e firmando 17 assist. Nel 2015 la svolta con Maurizio Sarri sulla panchina dei partenopei: il tecnico toscano gli consegna quel ruolo che ha già interpretato alla grande con Zeman e i numeri sono da record. Lorenzinho sigla 13 gol e fornisce 11 passaggi preziosi ai compagni di squadra, arrivando alla convocazione in Nazionale da parte dell’ex ct Antonio Conte. La prima, però, risale con Prandelli per le partite contro Bulgaria e Malta, valide per le qualificazioni al Mondiale 2014. Con l’ex allenatore della Juventus arriva a disputare gli Europei in Francia, conquistati dopo un tira e molla durato diverse settimane. A inasprire gli animi fu il rientro dello scugnizzo a Napoli dopo una prima chiamata per Coverciano. A spingerlo a partire fu un problema al ginocchio destro rimediato dopo la partita grandiosa giocata col Milan a San Siro. Una scelta, quella di Lorenzo, che Conte gli farà pagare caro. Poi la quiete dopo la tempesta e l’arrivo tra i grandi in Francia. In Nazionale è rimasto in panchina con Belgio e Svezia, mentre è subentrato nella ripresa con Irlanda, Spagna e Germania. E ora ad attenderlo c’è un grande traguardo: quello di rappresentare per Napoli, squadra della quale è tifoso, ciò che Totti è per la Roma. Ma prima bisognerà trovare un punto d’incontro con il presidente De Laurentiis.
SPORT
10 agosto 2016
INSIGNE. La carriera: dal laboratorio di Zeman alla Nazionale di Conte