Da grande accusatore a indagato: si ribalta il ruolo del carabiniere che lo scorso mese di aprile accusò il sacerdote don Antonio Marrese di stalking. A cinque mesi dallo scoppio dello scandalo, infatti, la Procura di Massa Carrara ha notificato un avviso di garanzia al militare dell’Arma. Secondo il castello accusatorio costruito dal pubblico ministero Rosella Soffio, L.D.S. – il 26enne di Trecase che puntò l’indice contro il sacerdote – avrebbe prodotto attestazioni false, così come falsa sarebbe la testimonianza depositata nella querela contro il parroco e false sarebbero le dichiarazioni messe nero su bianco negli atti pubblici. Inoltre, tra le ipotesi di reato contestate al carabiniere c’è una presunta corruzione per ottenere certificati medici e dichiarazioni mendaci dinnanzi a pubblico ufficiale. Il giovane in divisa ora rischia di essere congedato e dovrà affrontare una lunga trafila giudiziaria. Si alleggerisce, dunque, la posizione dell’ex cappellano dell’Arma di Torre Annunziata che dal 15 aprile è in esilio nella sua città natale – Picerno, in provincia di Potenza – sottoposto all’obbligo di dimora. Secondo quanto emerge dagli atti, il carabiniere avrebbe prodotto atti falsi in tre momenti diversi della sua carriera militare. La prima bugia: nel 47° Reggimento Ferrara, a Capua, il 26enne – durante la presentazione delle visite mediche – avrebbe dichiarato «di non aver nessun grave problema di salute e che le sue condizioni fisiche sono le stesse del momento del concorso». Il secondo falso si sarebbe verificato all’ospedale militare della Cecchignola. Alla specifica richiesta relativa agli interventi chirurgici il militare avrebbe dichiarato – supportato da certificazioni che «era stato sottoposto a un intervento ai testicoli, ma non di essere stato operato di tumore maligno e aver avuto cure chemioterapiche». Infine altre dichiarazioni false sarebbero state prodotte per il Centro Nazionale di Selezione e Reclutamento dell’Arma dei Carabinieri, dove, presentandosi alla visita medica per il mantenimento dei requisiti, avrebbe dichiarato attraverso un’autocertificazione «di non aver avuto nessun problema di salute e di mantenere gli stessi requisiti fisici che aveva al momento del concorso». Insomma, il 26enne avrebbe prodotto atti falsi in grado di agevolare e garantire il suo ingresso nell’Arma dei carabinieri. Un iter ricostruito grazie al sequestro di tutta la documentazione nelle strutture sanitarie e nei presidi militari, mesi di interrogatori nei confronti dei camici bianchi e ufficiali dei carabinieri che avevano avuto contatti sia con il parroco sia con la giovane recluta. E così ieri mattina il colpo di scena: la procura ha notificato a L.D.S. l’avviso di garanzia e l’accusa più grave ora è di avere prodotto falsificazioni di atti al fine di ricevere il beneficio di un posto pubblico. Ovvero quello di carabiniere. Circostanza che potrebbe comportare il proscioglimento della vita militare. Insomma, una situazione completamente rovesciata rispetto alle iniziali accuse mosse dal carabinieri al sacerdote. Un quadro su cui dovranno ora fare chiarezza i magistrati. I militari nelle prossime ore ascolteranno il militare indagato.