Un coro squarciava il silenzio. «Hellas Verona campion». Alle otto della sera d’una domenica di cinque anni fa, 19 giugno 2011, mica una data qualsiasi all’ombra del Castello d’Arechi, la Salernitana viveva il compleanno più amaro della sua storia, consumando l’ultima fiammella che ancora teneva in vita l’agonizzante società di Antonio Lombardi. «Se va in B si salva», si diceva sbirciando dagli spioncini delle segrete stanze dove un “tavolo d’emergenza” politico-imprenditoriale preparava il passaggio del testimone alla guida d’un club sommerso dai debiti e dai guai.
Non ci sarebbe mai stata la controprova. Perché i granata quella promozione se la videro soffiare dai gialloblu a un passo (e un gol) dalla linea del traguardo, non riuscendo a ribaltare la sconfitta della finale d’andata dei play-off al Bentegodi (ko 2-0, al ritorno non bastò un rigore di Carrus) e anticipando così un epilogo intuibile, annunciato, scontato: cancellazione dalla Lega Pro a luglio, fallimento a novembre. L’enfasi d’una sfida dalle grandi suggestioni, insomma, s’accentua nel ricordo, lontano un lustro e però ancora sanguinante nella memoria del popolo granata, d’una beffa cocente, ché l’ultima riga delle favole non sempre ha un lieto fine.
Salernitana-Verona di stasera nasce così, con il pensiero che sale sulla macchina del tempo e viaggia a ritroso a quella squadra “povera ma bella” che aveva più punti di penalizzazione che stipendi versati, però che riuscì a entusiasmare e trascinare uno stadio da quasi 30mila cuori palpitanti. Ce ne sarà qualcuno in meno (20mila), ma lo spettacolo sarà comunque sontuoso, in questo debutto interno che (ri)porta l’ippocampo all’Arechi dopo l’esilio estivo per il raid (o qualcosa di simile) che ha messo fuori uso il manto erboso. Ora il grande prato verde è rifiorito ed è lì che nascono le speranze d’una stagione ambiziosa, cominciata con l’eccellente pareggio di La Spezia e il cui destino è ormai soltanto da affidare al campo dopo che s’è chiusa – nella dicotomia dei giudizi – la finestra di mercato.
Adesso la Salernitana di Sannino è questa, e avrà il compito d’alimentare la passione della sua gente. L’ostacolo Hellas, ch’è big della B non soltanto per blasone ma per oggettivo valore assoluto d’un roster che Pecchia è chiamato a condurre in serie A dalla porta principale, rappresenta subito un esame da grande per i granata. Un banco di prova attendibilissimo della capacità di questo gruppo non solo di misurarsi contro una corazzata, ma pure di saper gestire tensione ed emotività che un match del genere porta con sé. Il resto è storia nota. Una città “blindata”, per evitare che la rivalità tra le due tifoserie sfoci nell’esasperazione. E allora ecco un maxi-piano sicurezza, 300 forze dell’ordine a presidio e containers all’esterno della Curva Nord.
Senza cadere nel facile tranello della retorica, l’auspicio è che stavolta Salernitana-Verona possa esser consegnata alla storia solo per le emozioni forti che susciterà in campo e sugli spalti, regalando un duplice spettacolo e magari consumando anche quella “vendetta” – usata in chiave sportiva non è una “parolaccia” – che il popolo del cavalluccio marino stringe nei pugni da cinque anni. Ché quel 19 giugno del 2011 è ricordo che ancora tormenta. Come quel coro che squarciava il silenzio. «Hellas Verona campion»…