Io sto con Marcello Lippi. Se tutte le regole del mondo del calcio fossero interpretate e seguite alla lettera più del 50 per cento degli addetti dovrebbe rimanere a spasso.
Non mi riferisco soltanto a quanto prevede lo statuto della Federcalcio (quell’articolo che vieta l’esercizio della professione a quegli agenti che hanno parenti che lavorano a “palazzo”) e che ha stoppato il rientro nello staff della nazionale di Lippi padre, ma all’insieme delle norme che vengono ripetutamente calpestate, in tutte le categorie, da tanti dirigenti ed altrettanti tesserati, senza che le Istituzioni preposte prendano i dovuti provvedimenti.
Una delle situazioni più imbarazzanti riguarda l’esercizio abusivo delle professioni. Accade soprattutto in Lega Pro e tra i dilettanti. Dove presidenti e collaboratori aggirano i regolamenti inventandosi ruoli inediti affidati a carneadi prestati al calcio capaci soltanto di provocare danni. Capita così che a un soggetto che sino a ieri mattina faceva il collaboratore tecnico (nel vulgo allenatore in seconda) si ritrovi ad avere i compiti del responsabile dell’area tecnica (!?). In pratica un direttore sportivo in “maschera” e che lo stesso, senza averne i titoli avvii e concluda trattative di mercato, concordi emolumenti con tesserati ed i loro procuratori. L’esempio tipico, nell’attuale, lo fornisce il Cosenza dove l’ex secondo di Giorgio Roselli è stato promosso ai compiti sopra indicati.
Ma ci sono anche altre situazioni analoghe. A Padova per esempio dove quel ruolo è stato affidato a Zamuner. Un procuratore, o agente di calciatori che dir si voglia, che sino alla scorsa stagione lavorava, indisturbato e con gli stessi compiti, a Pordenone. Per non parlare di coloro che vengono messi in organigramma come direttori sportivi e non ne posseggono il titolo. Uno degli esempi è Stefano Trinchera, ex difensore di lungo corso, attualmente alla Virtus Francavilla e nello scorso campionato a Lecce.
Sono solo degli esempi, nulla di personale contro di loro. A nessuno si può negare la possibilità di un impiego. Certo è che se regole ci sono queste andrebbero, in ogni caso, rispettate.
Tutto si svolge alla luce del sole senza che le Istituzioni addette al controllo intervengano e che le associazioni di categoria, in questo caso l’Adise, segnalino l’inadempienza a tutela dei propri associati. Nel frattempo a Coverciano, l’università del calcio italiano, vengono organizzati corsi di specializzazione (a pagamento e sempre in collaborazione con l’Adise) per le tante qualifiche previste dai regolamenti. Una vera e propria “fabbrica” di disoccupati.
La vicenda di Marcello Lippi, in Federcalcio, è pari a quella storia dell’ago in un pagliaio. Tra l’altro come si fa a negare un ruolo federale al Commissario Tecnico che ci ha regalato l’ultimo esaltante titolo mondiale. Come si fa a dimenticare la gioia sfrenata di Fabio Grosso che aveva trasformato il rigore decisivo? Come di fa a dimenticare che quella notte il cielo di Berlino era diventato tutto azzurro? Chissà come e quando ci potrà capitare di nuovo. Ma poi, molto più realisticamente, un uomo integro come l’ex Commissario della nazionale quando mai avrebbe potuto compiere un gesto non in linea con il suo modo esemplare di comportarsi?
Senza dimenticare che la mancanza più grossolana, nel caso di Marcello Lippi, è stata compiuta da chi, ai vertici della Federcalcio, aveva l’obbligo di sapere, prima, che esisteva quella norma statutaria e non cercare, a posteriori, di chiudere la stalla quando i “buoi” erano già in uscita.
Un ago in un pagliaio appunto, perché tra i tanti pettegolezzi di “palazzo” ce ne sarebbero tanti altri da affrontare. Risulterebbe infatti che a qualche parente di frequentatori dei piani alti, di via Allegri, siano stati affidati compiti ben più qualificati e remunerativi. In alcuni casi sarebbero già in corso indagini della Guardia di Finanza per accertare eventuali responsabilità. Si sarebbe già provveduto al sequestro di corpose documentazioni in Lombardia ed in altre regioni. Spifferi di corridoio parlano della possibilità di uno scandalo che sarebbe prossimo all’esplosione. Proprio in merito ad eventuali conflitti di interesse.
Che dire. Un ago in un pagliaio o poco più. Come si può notare!