Un tuffo nel passato. Un flashback. Un viaggio a ritroso nel tempo. Tutto a sorpresa, e notato da pochi. Domenica sera, 40mila occhi puntati sul prato dell’Arechi dove Salernitana e Verona si stanno dando battaglia. Eppure a qualcuno non sfugge un dettaglio. Sui led, i cartelloni luminosi che fanno scorrere le pubblicità a bordo campo, compare un marchio ch’è molto familiare al popolo del cavalluccio marino. “Pasta Antonio Amato”.
Come tanti anni fa, quando la storica azienda – rinata nell’ultimo biennio dopo le note vicissitudini caratterizzate da crac e inchieste della magistratura – accompagnò costantemente le sorti della massima espressione calcistica cittadina, tanto da esser riconosciuta, più che come sponsor, quasi come una sorta di “secondo logo” della squadra granata. Non a caso, il nome del pastificio, che per diverso tempo ha affiancato anche la Nazionale italiana, compare pure su svariati gadget realizzati dai tifosi: portachiavi, magliette, felpe, sciarpe. Perché nell’immaginario collettivo, e allora pure nel “materiale” ideato, prodotto e indossato dai supporters, la casacca sponsorizzata Antonio Amato, quella in cui s’identifica Agostino Di Bartolomei, resta la più inflazionata.
Adesso, invece, il ritorno sui campi di calcio del vecchio partner della Salernitana è stato “istituzionalizzato”. Non si tratta d’una sponsorizzazione diretta, bensì d’un coinvolgimento – che comprende diverse aziende d’uno stesso circuito – promosso da Enzo Bove, che con il Gruppo Meda rappresenta il principale motore del settore pubblicitario della società dell’ippocampo.
La base per un remake degli anni Ottanta/Novanta? A precisa domanda, qualche settimana fa, la brand manager della Antonio Amato, Alessia Passatordi, spiegò che «al momento non è nei nostri progetti fare da sponsor al club granata, ma tutto è da valutare e il nostro amministratore delegato, Giuseppe Di Martino, è assolutamente aperto a ogni discorso». Per ora, insomma, il fatto che il marchio del pastificio sia (ri)comparso sui led dell’Arechi è poco più d’una nota di colore. Eppure, per quei tifosi inguaribili nostalgici del Vestuti, è un bel tuffo nel passato…