«I detenuti non hanno problemi, che ne sanno delle bollette, delle scadenze? Hanno vitto e alloggio pagati dallo Stato». Si potrebbe sintetizzare in questo modo il pensiero dell’italiano medio, di chi – al sicuro in casa propria – ignora l’inferno delle carceri. Ma la realtà vissuta dai reclusi riesce a superare l’immaginazione. Quella che viene fuori da Poggioreale, la più grande casa circondariale del Mezzogiorno, non è la solita storia di sovraffollamento. È un racconto del quotidiano, cronaca di una “normale” giornata dietro le sbarre. Se è vero che i detenuti hanno diritto ai servizi forniti dalle mense dell’amministrazione penitenziaria, è altrettanto vero che molti – la maggioranza – preferiscono provvedere da soli ad almeno un pasto giornaliero. Per farlo devono recarsi nello spaccio interno all’istituto di pena dove avviene la vendita di ciò che è definito “sopravvitto”. Si tratta di articoli, generi alimentari e per l’igiene personale, che non possono essere introdotti con le visite settimanali di familiari. I colloqui, quattro in un mese, danno la possibilità ai parenti del detenuto di consegnare un “pacco” del peso massimo di 5 chili. All’interno possono esserci tovaglie, biancheria e salumi già affettati e riposti in confezioni di carta. Tutto il resto non è concesso. Ed è qui che monta il business. Farina, pasta, pane, latte, uova, verdura, detersivo, sapone, shampoo e bagnoschiuma. E ancora scopino per il water, mollette per il bucato, sacchetti per la spazzatura, caramelle, stuzzicadenti, dentifricio, deodorante, rasoi usa e getta, spazzolini per denti, frutta e verdura: tutto ciò può, anzi deve, essere acquistato nel market interno. Utilizzando una copia del listino prezzi dello spaccio di Poggioreale è possibile simulare l’acquisto di prodotti per una semplice (e modesta) cena e confrontare i prezzi con un supermercato di media fascia.
CRONACA
16 settembre 2016
Prezzi aumentati del 100%, scandalo nel carcere di Poggioreale