Due ergastoli cancellati. Due ergastoli rimpiazzati da una condanna, più ‘comoda’, a 20 anni di reclusione e un personaggio che riesce ad accreditarsi come pentito benché, all’esito di un’attenta verifica, la Direzione distrettuale antimafia di Napoli gli avesse dato il benservito ritenendolo un bluff.
La sentenza che farà discutere viene letta nel primo pomeriggio di ieri dai giudici della Corte d’Assise d’Appello di Napoli chiamati a pronunciarsi su due ‘capitoli’ accusatori: l’omicidio di Giovanni Bottiglieri, ucciso a Barra nel pieno della faida tra i Cuccaro e l’ala scissionista Valda-Amodio-Abrunzo, e l’esistenza di un clan Valda-Abrunzo-Amodio. La Corte, tanto per cominciare, restituisce la certezza di un fine pena a Raffaele Valda e a Ciro Niglio, accusati del delitto, confermando così la validità della strategia processuale del ‘mea culpa’ recitato (quasi) in zona Cesarini, dagli imputati. Il carcere a vita disposto nel precedente grado di giudizio è stato divorato dalla concessione delle attenuanti generiche accordata perché – in momenti diversi dell’iter giudiziario – il mandante e il killer dell’agguato hanno confessato. Niglio, che quel 13 ottobre del 2013 si infilò nel circolo del centro scommesse in via Bernardo Quaranta col casco in testa e pistola nella mano destra come registrato fedelmente dalle telecamere, recitò la sintetica formula «ammetto gli addebiti» in sede di giudizio abbreviato. All’epoca non riuscì ad aprire una breccia nel giudice per le indagini preliminari: la confessione, limitata solo alle proprie responsabilità, venne ritenuta di comodo e la sentenza fu di condanna all’ergastolo. Ieri, invece, il vento è cambiato. E dell’orientamento più clemente da parte della Corte d’Assise d’Appello di Napoli ne ha beneficiato pure Raffaele Valda (difeso dall’avvocato Antonio Iavarone), che ordinò l’omicidio per lavare via il sangue di Ciro Abrunzo ‘o cinese e di Ciro Valda, morti ammazzati tra il gennaio e il giugno del 2012. Ma non finisce qui. La notizia più clamorosa è la presa di posizione della Corte su Salvatore Cianniello, che fornì ospitalità a Niglio nel Parmense dopo il delitto: i giudici lo hanno condannato a 4 anni e 4 mesi per favoreggiamento aggravato dalla matrice camorristica con la concessione – e qui sta la chicca – delle attenuanti della collaborazione con la giustizia. Cianniello aveva già provato inutilmente ad accreditarsi come pentito con la Dda di Napoli: il pubblico ministero antimafia Antonella Fratello ne aveva pesato le dichiarazioni e gli aveva chiuso la porta ritenendolo chiaramente inattendibile. Invece pochi mesi fa Cianniello si è presentato in udienza col patentino di pentito rilasciatogli dalla Dda di Bologna e, alla fine, i giudici della Corte d’Assise d’Appello di Napoli gli hanno dato credito. Un colpo di scena clamoroso. Seguito dallo sconto di pena concesso agli altri imputati che rispondevano di reati fine: Vincenzo Amodio, tra i leader dei ‘ribelli’, ha rimediato 12 anni per associazione di stampo mafioso ed estorsione a fronte dei 18 anni disposti all’esito del rito abbreviato. Otto anni sono stati comminati a Luigi De Martino (cognato di Raffaele e Ciro Valda) per il reato di camorra, mentre 6 anni e 8 mesi sono stati inflitti a Vincenzo Vilmi (avvocato Gennaro Marano) contro i precedenti otto anni. Assolto, infine, Luigi Valda, padre di Raffaele e del defunto Ciro: in primo grado era stato condannato per associazione di stampo mafioso e favoreggiamento. L’uomo è stato anche scarcerato.