Cinquanta euro per una falsa testimonianza. Cento se il “servizio” era stato fatto proprio a dovere. Soldi dati a chi un lavoro non ce l’ha e cerca di sbarcare il lunario anche aggirando la legge. Ci sarebbe stato un vero e proprio tariffario nel sistema messo su dall’avvocato Luca Franco, da ieri agli arresti domiciliari. Lo hanno scoperto gli uomini della Guardia di Finanza di Castellammare di Stabia che hanno indagato, con il coordinamento del sostituto procuratore Sergio Raimondi, sul giro dei falsi incidenti stradali. Un “mestiere”, quello del falso testimone, assai ambito da parte di chi non ha un’occupazione fissa. Mestiere di famiglia: in più di un caso le bugie erano raccontate da padre e figlio, da zio e nipote. Ma le tariffe date ai finti testimoni sarebbero state ben poca cosa rispetto ai guadagni ottenuti dalle truffe alle assicurazioni. Chi si prestava a compiere il reato di falsa testimonianza, ben consapevole del fatto di andare contro legge, in realtà era soltanto una tessera all’interno di un mosaico ben più ampio. A ciascuno il suo ruolo. Quanto consapevole non è ancora del tutto chiaro. La Guardia di Finanza continua ad indagare per scoprirlo. L’attenzione degli inquirenti sembra indirizzata soprattutto a comprendere il ruolo dei medici che hanno firmato i referti attraverso i quali si attestavano i danni riportati negli incidenti “fantasma”.
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