Killer con le scarpe griffate. Stivali Paciotti, per la precisione. E un giubotto Prada. E un orologio Rolex al polso. Renato Cavaliere, almeno le scarpe, se le sarebbe volute cambiare prima di andare a uccidere Aldo Vuolo. Sapeva, infatti, che dopo un omicidio le calzature vanno buttate, distrutte, fatte sparire. Perché sono le orme delle scarpe su un luogo di un delitto i primi indizi in mano agli investigatori. Ma non ci fu il tempo perché Salvatore Belviso aveva teso il tranello al pregiudicato, dandogli appuntamento alla Caperrina e bisognava fare in fretta. E lui, Cavaliere, il più anziano del gruppo di fuoco gli aveva assicurato di essere «sempre pronto». Disponibile in qualsiasi momento. Raggiunto in un bar di Scanzano da Sasà Belviso, Cavaliere partì subito. Ma con un rammarico. «Indossavo un paio di stivali Paciotti, un giubotto Prada e un orlogio Rolex» – racconta – «Avevo quindi degli indumenti certamente non adeguati all’esecuzione di un omicidio. Infatti dopo l’esecuzione di un omicidio gli indumenti devono essere distrutti». Tanto più quei costosi stivali che, racconta il pentito, «si erano sporcati di sangue sotto». «Quando ho sparato a Vuolo – precisa Cavaliere – lui ha perso molto sangue e camminando mi sono accorto che la suola degli stivali si incollava per terra a causa del sangue che avevo calpestato». Con degli stivali così, insomma, Cavaliere non poteva andare da nessuna parte. Fu costretto a disfarsene. E così mentre le pistole vennero date a un “compariello” affinché le facesse sparire, Cavaliere mise in una busta stivali e giubotto, chiedendo alla moglie di buttarla e di dargli un altro paio di scarpe. La donna gli diede delle Nike. Gli stivali Paciotti ormai erano “bruciati”.
CRONACA
11 ottobre 2016
Castellammare. Il pentito Cavaliere: “L’ho massacrato ma non volevo uccidere, avevo le Paciotti”