di DARIO CIOFFI
Gli ultimi giorni di Roberto furono i primi d’un’amicizia che avrebbe trasformato un reciproco e radicato rispetto in un gemellaggio autentico, più forte del fuoco. Gli ultras di Brescia e Salernitana si dissero «sì» senza chiederselo, perché bastarono gli eventi, pur nella loro drammaticità, a far nascere questo legame speciale che avvicinò due città distanti 796 chilometri, facendolo resistere al trascorrere del tempo, ai ricambi generazionali, alle evoluzioni interne delle due tifoserie.
Era la primavera del 1997, l’alba del mese di maggio. Chi visse quella settimana spettrale, in una sala d’attesa dell’ospedale di Salerno, ne parla ancora con gli occhi smarriti. Ché certi ricordi ti segnano, sono davvero cicatrici nell’anima.
I granata avevano sconfitto le rondinelle all’Arechi, conquistando tre punti di platino per la salvezza in serie B che sarebbe arrivata al termine d’un campionato sofferto. Però quella vittoria portò con sé più lacrime che gioia. Durante la gara, infatti, Roberto Bani, giovane ultrà bresciano al seguito dei biancazzurri, batté la testa sui gradoni della Tribuna (in quegli anni i supporters ospiti venivano spesso sistemati in uno spicchio d’anello inferiore, verso la Curva Nord). Le sue condizioni erano serie, gravissime, disperate. Amici e parenti del ragazzo restarono in “veglia” al nosocomio di via San Leonardo. E i sostenitori salernitani non li lasciarono soli. Anzi. (…)
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