“Le racconto un aneddoto che le fa capire come vivo certe situazioni, con la pazzia che non mi abbandona mai: sabato vincevamo 2-1 con l’Udinese e a 15′ dalla fine si avvicina Perica e mi dice: ‘Ti faccio gol’. Gli ho risposto ‘Guarda che me lo stanno facendo tutti, se vuoi far notizia non segnare!’. E mentre lo dicevo, ridevo come uno scemo. E pensavo: meno male che sono cosi’ e mi aggrappo alla follia per uscire da certi momenti”. Inizia con questo episodio l’intervista che Gianluigi Buffon rilascia al Corriere della Sera, il giorno dopo la straordinaria notte di Lione. Un Gigi “para-tutto” che ha risposto alla grande alle critiche, superando quegli errori che gli provocano “uno choc. Non sono abituato, capita e faccio fatica ad accettarlo. Autocritico? Moltissimo. Continuo a darmi scudisciate psicologiche e morali per tanti giorni: da me non accetto certi errori”. Gli errori gli fanno male, le critiche no. “A costo di essere masochista, mi piacciono. Mi stimolano. Se non le accettassi, dovrei smettere di lavorare. Mi stizzisco quando toccano certi argomenti: ho 22 anni di carriera alle spalle, penso di aver dimostrato qualcosa. E l’ultima stagione buona non l’ho fatta tre anni fa: sono stato protagonista dell’Europeo, dentro e fuori dal campo. Per cui stiamo un po’ calmi. La prestazione di Lione? Normale. Io gioco per dimostrare di essere diverso dagli altri: a 38 anni posso fare delle cose che gli altri non hanno mai fatto. Questa e’ la mia sfida”. Trentotto anni e l’obiettivo del Mondiale del 2018, ma poi? Cosa fara’ Buffon? “Il calcio e’ il mio mondo da 32 anni. E ho avuto la fortuna di viverlo come un tarlo dal di dentro, ricavandone le mie verita’. Il campo e’ la parte piu’ bella, ti regala emozioni che danno senso alla vita. Un ruolo di allenatore con la sua quotidianita’ non mi piacerebbe. Un ruolo da c.t. invece non lo escluderei a priori: mi rimarrebbero le emozioni del campo, ma anche un po’ di liberta’ per dedicarmi ad altre cose”. Sabato la sfida con il Milan di Bacca (“un rapace con il fiuto del gol”, ma anche dei cinesi che hanno preso anche l’Inter. “E’ la sconfitta del calcio italiano. Dell’Italia come Paese, delle tradizioni, di tutto: devi ritrovarti a ringraziarli e a dire grazie per essere venuti. Ma abbiamo cio’ che meritiamo, siamo volubili, senza un senso di appartenenza radicato e la storia lo ha sempre dimostrato: chiediamo l’identita’ italiana, ma se l’italiano dopo 30 anni vive un momento di difficolta’ con 5 anni da 10° posto, allora non lo accettiamo”. Il Milan di Montella, invece, gli piace. “Un allenatore avanguardista, che ha personalita’, da’ serenita’ e ama osare. Sembra il progetto della Juve di qualche anno fa. C’e’ solo bisogno di tempo e di esperienza per migliorare”. E poi c’e’ il suo erede designato, Donnarumma. “Nonostante sia il triplo di me, Gigio e’ come se fosse un fratellino. E’ un ragazzo particolare, molto pacato: alla sua eta’ io ero completamente diverso. E’ riflessivo, intelligente, ha delle qualita’ straordinarie. Ha tutto per fare la storia del ruolo. Bisogna solo aspettare 20 anni e tirare le somme”. Buffon affronta anche la questione Intralot-Figc. “Ne abbiamo parlato. Se questa azienda porta soldi alla Figc eticamente non e’ bellissimo. Ma da 20 anni le pubblicita’ di scommesse sono ovunque: tutti giocano e tutti prendono le distanze. Mi fa ridere: se e’ legale, di cosa ti devi vergognare? Siamo degli ipocriti e dei bigotti. Leviamo le scommesse, allora. E basta”. C’e’ la sua compagna Ilaria D’Amico che e’ “un punto di riferimento ormai imprescindibile, una grande fortuna della mia vita” e c’e’ quel braccialetto in memoria di Piermario Morosini che Buffon non toglie mai. “Dicono che la morte sia uguale per tutti. Ma c’e’ modo e modo nella dignita’ con cui si muore. E la sua e’ stata la distruzione del luogo comune che i calciatori giocano solo per i soldi e per la fama – sottolinea il capitano della Juventus e della Nazionale -. Mario ha lottato nonostante l’arresto cardiaco, ha cercato di rialzarsi. E lo ha fatto per la passione e per l’anima che ci metteva nel suo lavoro. E’ stato un riscatto per tutti i giocatori e una mazzata definitiva all’idea che il calciatore gioca solo per i soldi: tutti lavorano per guadagnare, ma ognuno ci mette l’animo e i sentimenti che ritiene migliori”.
SPORT
20 ottobre 2016
Buffon: “In Juventus-Udinese Perica mi disse ti faccio gol, ma io ridevo perché”