E’ uno dei giocatori più vincenti di sempre: 8 scudetti (1 revocato) varie Coppe Italia, 1 coppa UEFA, 1 Champions, 1 Supercoppa Europea…e tanto altro. Inoltre è Cavaliere dell’Ordine di Merito dal 91 e Ufficiale dello stesso Ordine dal 2000. Con un curriculum del genere, il valore di un calciatore non può essere discusso. Eppure quanti inserirebbero Ciro Ferrara nella loro squadra ideale? Forse qualche tifoso del Napoli, per essere stato titolare nei due scudetti partenopei ma senza mai esserne un protagonista imprescindibile. Dopo circa 730 partite tra serie A, Coppe e Nazionale, quanti giocatori sono stati definiti il “nuovo Ciro Ferrara”? Nessuno.
Ferrara è stato un ottimo giocatore ma di quelli che non lasciano ricordi particolari, che non sono un modello da imitare (sul campo) per i ragazzini. E’ stato al posto giusto, nel momento giusto, con i compagni giusti e le squadre giuste. A 14 anni, colpito dalla sindrome di Osgood-Schlatter (processo degenerativo osseo) è costretto all’uso della carrozzina. Si riprende completamente e, a soli 18 anni, fa il suo esordio in serie A col Napoli nell’85. E’ solo con l’arrivo di Diego che arrivano i successi e nell’87 le prime presenze in Nazionale. Ferrara ha buoni doti fisiche e tecnicamente riesce a ricoprire tutti i ruoli difensivi. Nello spogliatoio è un elemento di forte personalità anche se all’esterno lascia ad altri i riflettori. Nell’1991, dopo la partenza di Maradona da Napoli, diviene capitano, fascia che avrebbe meritato già prima, ma, ritenendo Diego il vero capitano, la lascia al fuoriclasse argentino. Una simbiosi quasi fraterna tra due personaggi di indole contrapponibile: tranquilla Ciro, esuberante Diego. Nel 94 viene chiamato alla Juve da Marcello Lippi che ne aveva apprezzato le sue doti nel periodo in cui l’allenatore viareggino era stato sulla panchina partenopea. Con Lippi si crea un rapporto forte, tanto che Lippi vorrà Ferrara nel suo staff tecnico nell’avventura vincente del Mondiale di Germania nel 2006. A Torino, come calciatore, sposa, in tutto, la filosofia juventina. Vince tanto, tantissimo. Gli anni vincenti sono anche quelli chiacchieratissimi della Triade e il suo ultimo scudetto (quello del 2004/05) è stato revocato.
In Nazionale, pur giocando 49 partite, non è quasi mai titolare nelle partite che contano. Nel mondiale di Italia 90, gioca solo la finalina di consolazione.
Nel 2008, dopo le esperienze con la Nazionale, gli viene affidato l’incarico di allenatore della Juve per le ultime due partite a secondo posto, praticamente, già acquisito. Prende il posto di Claudio Ranieri in uno degli esoneri più inspiegabili degli ultimi anni. L’anno successivo viene confermato e esonerato dopo 21 partite. Si parla di un difficile rapporto con i senatori della squadra (e suoi ex compagni di squadra). In particolare è la scomoda gestione di Del Piero ad essergli fatale come lo era stata un anno prima a Ranieri. Non a caso la svolta vincente juventina arriva dopo l’allontanamento di Alex dall’orbita bianconera. Ferrara va alla Samp ma dopo un buonissimo inizio finisce la sua avventura genovese con un secondo esonero.
Fuori dallo stereotipo dell’atleta tutto muscoli e veline, nel 2004 è protagonista, con la sua famiglia, degli spot per uno yogurt dell’azienda che sponsorizza anche la Juve.
Un altro calciatore con lo stesso nome, nato anche lui a Napoli nel 1967 (il primo 11 febbraio, il secondo il 7 agosto), era nella rosa del Napoli nella stagione 1985/86. Nella Beretti giocavano uno con il numero 2 e uno col numero 3. Quando Ferrara (quello famoso) ha esordito in serie A, un giornale sportivo napoletano ha pubblicato la notizia corredandola con la fotografia dell’altro.