L’Italia è finita nella tagliola della Commissione europea per non essersi ancora completamente adeguata al sistema di depurazione e fognatura come chiede da quattro anni la Corte di giustizia europea. Così da Rapallo a Ischia a Cefalù passando per Capri, Vico Equense, Torre del Greco e Salerno sono ancora 80 (51 solo in Sicilia) gli agglomerati sotto scacco – tra veri e propri gioielli turistici, zone di grande fascino e siti urbani – che non si sono ancora adeguati alla direttiva europea sulla raccolta e il trattamento delle acque reflue. Nella black list 19 località campane: Afragola, Nola, Ariano Irpino, Avellino, Battipaglia, Benevento, Capaccio, Capri, Caserta, Mercato San Severino, Torre del Greco, Aversa, Ischia, Casamicciola Terme, Forio, Napoli, Vico Equense, Salerno e Montesarchio.
La fattura rischia di essere salata: per il ritardo accumulato, Bruxelles ha portato nuovamente l’Italia sul banco degli imputati alla Corte Ue chiedendo ai giudici europei di applicare a Roma una sanzione forfettaria di 62,69 milioni di euro, con «l’aggiunta di una multa di circa 347 mila euro per ogni giorno» di ritardo che l’Italia potrebbe accumulare a partire dal nuovo pronunciamento della Corte. Di fatto Roma ha circa 12 mesi di tempo per mettersi in conformità con il numero maggiore delle aree sotto accusa, in modo da limitare la sanzione che é proporzionale ai risultati che sono stati realizzati. Eppure in Italia – spiegano fonti Ue – sono stati stanziati oltre 2,5 miliardi di euro per mettere in regola tutte i siti fuori norma. Bruxelles giustifica la sua decisione con l’obiettivo di evitare gravi rischi per l’ambiente ma soprattutto per gli oltre sei milioni di cittadini che abitano in quelle aree. Si tratta di agglomerati con un numero equivalente o superiore a 15mila abitanti.
Inizialmente erano 109 le aree non conformi ma «vista l’estrema lentezza dei progressi compiuti e la ripetuta inosservanza dei termini preventivamente annunciati», Bruxelles non ha esitato a richiedere sanzioni, come aveva già fatto in casi analoghi con Belgio, Grecia, Lussemburgo e Portogallo. Infatti, le fognature “fuori legge” o inadeguate sono fonti di contaminazione da parte di batteri e virus nocivi, senza contare che l’azoto e il fosforo che contengono possono danneggiare le acque dolci e, se riversate in mare, favorire la crescita eccessiva di alghe che soffocano le altre forme di vita. La decisione europea rischia di essere sola la prima di una serie di provvedimenti contro l’Italia a causa delle fognature fuori legge. Oltre alla decisione odierna è in arrivo – secondo gli esperti Ue – un nuovo ricorso contro l’Italia per non essersi adeguata ad una sentenza di condanna della Corte Ue del 2009. Tempi più lunghi per un’altra controversia del 2014.