Pierino non abita qui. Da un bel pezzo. Diciamo 50 anni. Anzi esattamente 51 anni fa, questione di giorni, abitava qui e segnava due gol alla Casertana nella partita vinta dalla Salernitana al Vestuti per 3-0: era il 19 dicembre 1965, prima parte dell’annata di grazia che portò i granata di “zio” Tom Rosati in B. Ieri Pierino ha spento settanta candeline. Festa grande, gli hanno dedicato persino una giornata speciale i tifosi delle due squadre di alto bordo che l’hanno accolto in carriera da attaccante vero: Milan e Roma.
A Salerno, è storia, Pierino lasciò il segno. A distanza di cinquant’anni, lasciano un segno, accompagnato dalle prescrizioni di rito, le dichiarazioni freschissime rese al Guerin Sportivo su quell’annata di gloria ma anche di qualche patimento personale. Si parte dall’infortunio: «Mi feci male alla sedicesima di andata, a Torre Annunziata, nella partita col Savoia. Feci gol e il terzino entrò in ritardo, frattura della tibia. Servivano diversi mesi per una guarigione completa. Ma la Salernitana lottava per la B e i miei gol facevano comodo. Insomma i tempi di recupero furono strettissimi. Stampelle, passeggiate sul mare. La situazione anziché migliorare volse al peggioramento. Si formò un callo osseo. E allora? Iniezioni di novocaina. Insomma il Milan mi mandò a Salerno e io mi feci le ossa in tutti i sensi».
Poi le promesse e i regali… «Conquistiamo la B. Nelle ultime due giornate faccio due gol. Allora il presidente mi dice di andare nel suo garage e di scegliere la macchina che voglio. Ce n’erano cinque. Prendo la spider, si ferma subito perché senza olio. Scelgo quindi la Giulia, che però è intestata alla moglie». Non solo regali graditi. Anche quelli sgraditi: «Gli assegni post-datati che ci avevano dato come premio per la promozione al momento dell’incasso risultarono tutti scoperti. Mi rifeci sulla macchina e ottenni il passaggio di proprietà». Farsi le ossa nella Serie C meridionale del tempo per Pierino significò questo: «I campi infuocati, le minacce, le intimidazioni come quella volta che nel corridoio prima di entrare in campo, mi arrivò una legnata sul collo, era il capitano del Siracusa e mi disse che era solo l’inizio, per non parlare dei lumini sotto le nostre fotografie nello spogliatoio».
Il resto fu diverso. Tornò al Milan e vinse tanto. In Nazionale fu reclutato all’ultimo istante, assieme a Boninsegna, per i Mondiali messicani quando s’infortunò Anastasi. Epilogo di carriera a Roma, senza vincere ma lasciando comunque un buon ricordo. Adesso abita ad Alzate Brianza, fa il testimonial del Diavolo, cerca di far “peccare” i bambini del Milan come supervisore di scuola calcio. Settanta sono tanti? Certo meglio averne avuti venti a Salerno, tra il mare e i sogni, qualche gol e più di una scappatella.