«Incarico clientelare affidato ad un suo amico con un totale sviamento delle norme. Comune usato come bancomat dei soldi dei contribuenti spesi per interessi personali e sentimentali, senza nessuna relazione con finalità istituzionali perché la cabina di regia era un organo fittizio, che non ha mai svolto alcuna attività. Fu creata solo per far arricchire il suo collettore politico. Luigi Bobbio va condannato». E’ durissima il pm Maria Benincasa della Procura della Repubblica di Torre Annunziata quando ricostruisce il modo in cui nel 2010 al Comune di Castellammare nacque la cabina di regia il cui ruolo di coordinatore tecnico venne dato a Francesco De Vita, l’avvocato che stilava le sue missive su carta intestata a studi legali con studi a Roma e persino San Paolo in Brasile, mandatario elettorale della campagna per le amministrative vinte dal centrodestra con Bobbio e poi suo testimone di nozze.
Requisitoria fiume di cinque ore davanti ai giudici della seconda sezione penale (presidente Pepe, a latere Criscuolo e Di Maio) al termine della quale il pm ha chiesto la condanna di tutti e tre gli imputati: due anni per il magistrato Bobbio, già pm della Dda di Napoli e ora in servizio al Tribunale civile di Nocera Inferiore accusato di abuso d’ufficio; sei anni per De Vita conteggiati partendo dalla pena base di tre anni e aggiungendo cinque giorni per ognuno dei 169 scontrini presentati in un anno per ottenere i rimborsi da 30mila euro che si aggiungevano all’indennità di 160mila euro; quattro anni per Vincenzo Battinelli, l’ex dirigente degli Affari Generali che liquidava le spese «il cui contributo fu indispensabile per commettere il reato- ha sottolineato il pm- ma che non si è mai arricchito personalmente e ha tenuto una condotta processuale corretta per cui vanno riconosciute le attenuanti generiche». De Vita e Battinelli rispondono anche di concorso in peculato, hanno ascoltato direttamente le richieste di condanna mentre Bobbio non era presente in aula.
Inesorabile la ricostruzione del pm Benincasa che coordinò le indagini condotte dalla Guardia di Finanza: «La cabina di regia sulla carta doveva occuparsi di programmazione strategica, venne affidata a un esterno il cui ruolo non è mai stato chiarito. Non era un dipendente con obblighi e responsabilità, la sua non era una consulenza ad alto contenuto di professionalità come dimostrato dalle relazioni scarne, copiate da altri dirigenti come quella sul Più Europa dall’avvocato Cancelmo, e su internet. Quale funzionario comunale non avrebbe saputo copiare? Relazioni presentate solo dopo che i consiglieri di opposizione avevano ripetutamente chiesto conto del suo operato, i revisori dei conti incalzavano, le polemiche erano sulla stampa e il 9 gennaio 2011 Castellammare era tappezzata dal manifesto del Pd in cui si denunciava che De Vita veniva pagato per non fare nulla». Quando quelle 11 relazioni, in tutto 14 pagine, spuntarono fuori l’ex sindaco Vozza, all’epoca consigliere di minoranza, commentò che erano costate più di 15mila euro a foglio ai contribuenti stabiesi. «Aveva ragione- ha sottolineato il pm Benincasa- Non abbiamo trovato traccia dell’attività della cabina di regia: non un verbale, una convocazione, un comunicato stampa». Tante le anomalie già nella procedura di nomina: il Comune pubblicò un avviso, il curriculum di De Vita arrivò fuori termine, protocollato solo al gabinetto del sindaco e non attraverso il sistema informatico. Venne accettato, mentre altri furono esclusi. «Disparità di trattamento»- sottolinea il pm che sostiene inoltre- «I criteri di valutazione non erano predeterminati. De Vita andava escluso perché già sapeva di essere sottoposto a procedimento penale a Roma e poi perché il Comune versava in condizioni economiche deficitarie. Il 15 ottobre 2010, 14 giorni dopo la nomina di De Vita da parte di Bobbio, venne approvato il conto consuntivo che attestava il deficit strutturale. Il suo contratto doveva decadere o essere risolto di diritto come avvenuto per gli altri». Non fu così. Secondo il pm, anzi, le norme amministrative vennero mischiate per «cucire l’incarico addosso a De Vita che versava in condizioni di incompatibilità di fatto e di diritto: se fosse stato assunto a tempo determinato negli organi di staff non avrebbe potuto avere gli incarichi nelle partecipate Sint e Multiservizi e si sarebbe dovuto mettere in aspettativa dal suo impiego da dipendente di Trenitalia». Per il pm «Bobbio sapeva tutto» e fu il regista di quell’operazione «per tenere accanto a sè il suo braccio destro una volta che erano finiti i soldi della campagna elettorale». La sentenza è prevista per fine gennaio.