«Questi di qua se ne devono andare. Già facciamo la fame noi. Poi ci si mettono pure loro a complicare la situazione». Un ambulante sulla sessantina si infervora, mentre commenta la presenza indesiderata dei “colleghi” senegalesi che affollano ogni giorno i vicoli della Duchesca. A ridosso di corso Umberto e a pochi passi dalla stazione centrale l’integrazione è ancora un tabu per molti napoletani. Lo dimostra la sparatoria – seguita a una rissa, pare, per motivi di racket – di due giorni fa tra via Annunziata e piazza Mancini. Davanti a negozi e bancarelle del mercato tre extracomunitari tra i 32 e i 36 anni sono rimasti feriti insieme ad una bambina di 10 anni che non c’entrava nulla. La mancata integrazione tra etnie diverse è l’humus culturale e e sociale nel quale è maturata la rissa tra napoletani e immigrati, a cui è seguito il raid punitivo contro questi ultimi. A essere malvisti dalla comunità locale sono soprattutto i senegalesi. «Sporcano e lasciano cartoni e plastica in mezzo alla strada quando se ne vanno», tuona una signora sulla cinquantina che vende giocattoli in un basso. Ma per qualcuno quegli stessi immigrati sono una potenziale “risorsa”. Sono altre vittime cui far versare soldi nelle casse del clan ogni settimana. «A questa gente bastano anche 20 euro a settimana – racconta un artigiano, rintanato all’interno della sua bottega – e quando ti rifiuti loro passano subito ai fatti usando le armi». Proprio come, stando alle prime indagini della polizia, tuttora in corso, sarebbe accaduto all’esercente nordafricano che – mercoledì mattina – si era ribellato ancora una volta al pizzo. Gli emissari dei clan di Forcella si erano fatti vedere tra i banchi del mercato della Maddalena pochi giorni prima di Natale. Per “invitare” con modi non esattamente consoni gli ambulanti di colore a versare la “quota natalizia” al clan. Ma di fronte a questa richiesta uno degli stranieri si era ribellato, adducendo come motivazione la crisi economica che attanaglia il commercio e l’ambulantato locale. Da qui dapprima l’avvertimento, poi i fatti a opera dei “guaglioni” che in sella a un grosso scooter si sono fatti vedere due giorni fa dalle parti di piazza Mancini e, dopo l’ennesima sfida dei migranti, hanno impugnato le pistole esplodendo colpi all’impazzata in pieno giorno. Ma fatto più assurdo è che la gente del posto, anziché essere solidale con gli immigrati rimasti feriti, attribuisce loro la responsabilità di quanto avvenuto. «I residenti si sentono ostaggio della criminalità – tuona Enrico Cella, presidente dell’associazione culturale Vivere il Quartiere -. L’ennesimo raid punitivo di due giorni fa è la dimostrazione che una parte del territorio è sotto assedio. Per cui bisogna intervenire in maniera concreta attuando politiche restrittive per i delinquenti e la certezza della pena, oltre a politiche per il lavoro. Gli operatori commerciali e i cittadini – conclude Cella – chiedono sicurezza e vivibilità». «Qui non li vogliamo. Già stiamo inguaiati – tuona amareggiata una donna – se ne devono andare. Per fortuna quella bambina si è salvata, ma poteva morire. La colpa? E’ solo di questi extracomunitari che hanno invaso i nostri quartieri». E il passo dall’odio al razzismo è breve. Troppo. La stessa Municipalità, come spiega il presidente Giampiero Perrella, ha sollecitato un tavolo urgente con la Prefettura per la guerra tra bande di napoletani e immigrati tra Forcella, Porta Capuana e la Duchesca. «Ma l’appello – per ora – è rimasto inascoltato».
CRONACA
6 gennaio 2017
Criminalità, Forcella contro i neri: «Portano solo problemi»