«Stiamo facendo le verifiche con la Conservatoria dello Stato per conoscere con esattezza il tipo e l’entità dei beni confiscati alla camorra in via Santa Caterina». Il vicesindaco Andrea Di Martino, assessore con delega al Patrimonio, assicura che il Comune di Castellammare ha già avviato tutte le richieste necessarie per chiarire il “giallo” intorno al locale terraneo in via Santa Caterina che, insieme agli appartamenti al primo e al secondo piano, venne confiscato all’imprenditore Liberato Paturzo. Tutti e tre i beni passarono definitivamente nelle mani dello Stato nel 1997. L’Agenzia del Demanio poi li trasferì al Comune nel 2004 e nel 2005 ci fu il conferimento da Palazzo Farnese al Consorzio Sole (ente nato per il riutilizzo ai fini sociali dei beni confiscati alla criminalità) che pubblicò il bando per l’assegnazione a un’associazione. «All’epoca l’amministrazione Vozza ebbe grande attenzione all’intera vicenda- ricorda il vicesindaco Andrea Di Martino che di quell’esperienza amministrativa fece parte come assessore alle Politiche Sociali- Questa anomalia del terraneo mi è stata segnalata dall’Asharam e già nei mesi scorsi ho chiesto alla Conservatoria gli atti relativi a questi beni». All’ufficio Patrimonio del Comune, infatti, c’è soltanto l’indicazione delle particelle catastali contenute nel decreto di confisca che non descrivono con esattezza il bene indicandone, ad esempio, i confini con le altre proprietà. Cosa che, invece, avviene con gli atti registrati alla Conservatoria dello Stato.
In questo caso a complicare la situazione ci sarebbe la natura abusiva della costruzione. «Si dovrebbe trattare- spiega il vicesindaco Di Martino- di un locale abusivo e murato, pertanto inaccessibile. Per averne piena certezza abbiamo ufficialmente avviato le verifiche con la Conservatoria».
Al momento, dunque, non è chiaro quale sia il locale indicato in tutti gli atti che riguardano i beni ex Paturzo in via Santa Caterina. La stessa conformazione della palazzina, del resto, non aiuta. Una volta entrati dal portone che dà sulla strada, infatti, per raggiungere i beni confiscati bisogna accedere a un altro portoncino sulla sinistra e salire le scale. Al piano terra lo spazio è angusto, le aree libere non corrispondono a quelli dei piani superiori. Si intuisce che accanto a questo secondo ingresso c’è un locale ma dall’interno non vi si accede perché le pareti sono tutte murate. Quel che non si comprende è se quello stesso locale “sfoci” nella serranda che dà sulla strada. Abbassata. E misteriosa.