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Denunciò il racket dei Gionta a Torre Annunziata: «Lo Stato mi ha lasciato solo»
CRONACA
8 gennaio 2017
Denunciò il racket dei Gionta a Torre Annunziata: «Lo Stato mi ha lasciato solo»
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Una nuova vita lontano da Torre, dalla città dove era stato vittima dei clan. Francesco (nome di fantasia) ha 56 anni, da tre anni non vive più a Torre Annunziata perchè ha denunciato i suoi estorsori. «Un eroe? Per carità, solo un onesto cittadino, come tanti a Torre Annunziata». Sorride, ma lo fa solo per smorzare la tensione che ha accumulato. Raccontarsi davanti ai microfoni non è semplice soprattutto dopo tanti anni, dopo che aveva giurato di non raccontare a più a nessuno la sua storia.  «Non è per paura, è solo perchè ora sono nonno e credo che il tempo non faccia dimenticare a quelle persone che ho denunciato». Denunciare però per Francesco non è stato facile, soprattutto quando ha dovuto abbassare per sempre la serranda della sua salumeria, entrare nel commissariato di polizia e denunciare. «Il peggio è arrivato dopo – spiega ancora – quando ho dovuto fare le valigie, dopo aver denunciato i soldati del clan Gionta, non potevo restare a Torre, significava aspettare la morte a casa». Gestiva un negozio di alimentaria, una salumeria conosciuta nel centro storico di Fortapàsc e per anni era stato uno dei finanziatori della cosca. «Non chiedevano molto – continua – cento euro, a volte duecento, ma era diventata una retta fissa che non potevo più sostenere. La crisi è stata l’occasione giusta per rifiutare la loro richiesta». Era il mese di aprile del 2012 e Francesco era nel negozio: «Sono arrivati in sella allo scooter, ricordo bene la faccia da spavaldi. Erano uomini mandati dal palazzo, e tutti sapevamo che bastava solo quel nome per farci tremare. Gli ho detto che non avevo soldi, che i tempi belli erano finiti e li ho cacciati». Da quel giorno Francesco da finanziatore diventa una vittima: «Se avevo pagato sino a quel momento era solo ed esclusivamente perchè non volevo problemi, io a Torre ci vivevo, era la mia città, le miei condizioni economiche erano anche buone e quella cifra una  tantum potevo anche perderla basta che non davano fastidio. Ma poi, subito dopo il rifiuto hanno iniziato a minacciarmi, mi seguivano con la macchina, spari nella serranda, telefonate nel pieno della notte con intimidazioni». Poi la decisione: «Non ho detto nulla a mia moglie, ho abbassato la serranda del mio negozio e sono andato in polizia a denunciare tutto. E’ stato difficile ma l’ho fatto. Dopo 24 ore sono andato via da Torre, ora vivo in un’altra regione e ho un chiosco dove  mi occupo sempre di alimentari». Ma Francesco sa quanto è difficile denunciare: «Ricordo che avevo più paura che coraggio, ma poi ti senti libero, riconquisti la tua dignità, la tua vita. Alla fine è vero la camorra uccide, ma uccide di più il silenzio». Poi il suo appello va ai cittadini che in queste ore a Torre sono vittime degli stesse episodi che lo hanno travolto e cambiato:«Non si resta soli, so bene che hanno timore ma affidarsi alle forze dell’ordine e soprattutto alla Chiesa, come ho fatto io, è l’unica ancòra di salvezza, dallo Stato invece sono stato lasciato solo». Francesco legge dai quotidiani on-line  che riportano gli ultimi episodi di criminalità e conclude: «Torre non cambierà mai, se non vengono cancellati per sempre ceppi della criminalità, poco centro i baby-boss la camorra ce l’hanno nel Dna, denunciateli, e avranno sempre meno le ore contate».  

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