Una banda di ragazzotti con giubbotto e cappellino di lana se ne sta di fronte, dove di solito stazionano le volanti della polizia, mentre le associazioni inscenano il sit-in. Osservano, controllano, bofonchiano tra di loro. Sono le sentinelle dei clan. Di quegli stessi clan che, pochi giorni fa, hanno sparato in via Annunziata perché un gruppo di immigrati si era ribellato al pizzo. Gli stessi che appartengono a quella camorra che non si fa scrupolo di esplodere colpi di arma da fuoco ferendo una bambina di 10 anni. C’erano loro, oltre a sindacati, Municipalità, parrocchie e associazioni, ieri pomeriggio in piazza Calenda a Forcella, dove la rete Un Popolo in Cammino ha organizzato la marcia di protesta dopo quanto avvenuto alla Maddalena. In piazza, davanti alla sede del Teatro Trianon, comitati e familiari di vittime innocenti della camorra. Ma non la gente di Forcella e della Duchesca. Tra i tanti volti, padre Alex Zanotelli, Rosario Stornaiuolo di Federconsumatori, Armando Simeone e Stefano Maria Capocelli, assessori della IV Municipalità guidata dal presidente Giampiero Perrella, Gino Monteleone dei Precari Bros, Antonio D’Amore di Libera, Carmela Sermino, assessore della III Municipalità, Antonello Sannino e Daniela Lourdes Falanga di Arcigay Napoli. E tanti studenti, che hanno esposto un cartello con la scritta «Io non pago il pizzo». Ma soprattutto loro, genitori e fratelli di chi ha perso la vita perché finito nella traiettoria dei proiettili di chi spara senza pietà tra la folla e in pieno giorno. «Il prefetto e il questore non sono adatti per questa città – tuona Antonio Cesarano, papà di Genny, ucciso a 17 anni in piazza Sanità a settembre 2015 – . Non ci serve sapere che Napoli è piena di turisti. Vogliamo sentirci sicuri. Viviamo nel terrore». Gli fa eco Mary Colonna, sorella di Ciro, il 19enne ammazzato per errore a Ponticelli a giugno: «Di ciò che ci era stato promesso dal Governo non abbiamo avuto nulla. Nessuno ci protegge e anche nel nostro quartiere, circa 10 giorni fa, c’è stata un’altra sparatoria con un morto e un ferito. Ancora una volta chiediamo al prefetto sicurezza e giustizia». Anche la Sermino, vedova di Giuseppe Veropalumbo, ucciso il 31 dicembre 2007 a Torre Annunziata da un proiettile vagante dice: «Avrei voluto vedere in piazza con noi la gente di Forcella. Ma la morte di Annalisa Durante non ha insegnato niente». A sottolineare la necessità di presidi fissi di controllo del territorio è Simeone: «Si convochi subito il Comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza, perché siamo di fronte a un triangolo della morte tra Porta Capuana, Forcella e la Maddalena». In piazza anche Imma Vacca, portavoce del Comitato Lenzuola Bianche: «Non ci serve che le pattuglie di polizia siano ferme in piazza Calenda. Vogliamo che girino perché solo così avvertirebbero la pressione che si vive nei vicoli». Tra gli striscioni esposti anche un cartello critico nei confronti di Roberto Saviano («Saviano magnete n’emozione»). «Una risposta – ha detto Raniero Madonna, di Un Popolo in Cammino – a chi prova a sentenziare sui percorsi anticamorra. La camorra si combatte in strada». Presenti anche l’assessore comunale al Lavoro Enrico Panini e il commissario della Cgil di Napoli Walter Schiavella, che ha espresso vicinanza «alle vittime di questo assurdo atto criminale», ribadendo «la necessità di mettere in campo, da parte delle istituzioni, risposte per arginare la violenza e contrastare la criminalità sia sul piano della sicurezza che sociale».
CRONACA
10 gennaio 2017
Forcella diserta la marcia anti camorra