Torre del Greco. Da una parte la possibilità di sbloccare, in tempi brevi, i tesori seminati nei paradisi fiscali. Dall’altra i dubbi e le incertezze per una “buonuscita” record che non va giù ai risparmiatori-traditi.
Sono le due facce dell’ultimo capitolo del fallimento Deiulemar, l’ex compagnia di navigazione con base a Torre del Greco affondata sotto un mare di debiti (800 milioni di euro). Soldi messi insieme grazie ai risparmi di 13.000 famiglie che oggi chiedono giustizia.
Al centro della discussione c’è la richiesta di transazione presentata da Angelo e Pasquale Della Gatta, due rappresentanti di punta della dinastia armatoriale che per decenni ha gestito il colosso finanziario assieme ai Lembo e agli Iuliano.
Da novembre i due fratelli – condannati per bancarotta fraudolenta in primo grado e arrestati di nuovo nel 2016 – hanno deciso di collaborare con la magistratura, giurando di essere pronti a mettere a disposizione dei creditori i soldi spariti nel nulla e seminati in ogni angolo del pianeta.
Soldi per modo di dire. Visto che nel mirino ci sono soprattutto dei trust: contenitori finanziari di beni, partecipazioni aziendali e anche navi. Per “sbloccarli” – o meglio per annullare le opposizioni ai provvedimenti della magistratura – gli armatori hanno chiesto il 10% degli incassi sui titoli intestati a figli e parenti ma di fatto riconducibili al patrimonio Deiulemar.
Una “tassa” che servirebbe per velocizzare le procedure di acquisizione di nuovi beni al fallimento. La “collaborazione” degli armatori potrebbe velocizzare i tempi – altrimenti biblici – per l’accesso ai fondi fantasma.
Una proposta che ha suscitato innumerevoli reazioni. Comprese quelle dei legali che rappresentano gli obbligazionisti finiti sul lastrico dopo aver investito i propri risparmi nelle casse dell’ex colosso finanziario di Torre del Greco.
«Questa voce si rincorreva già da tempo – le parole dell’avvocato Antonio Cardella – E’ ovvio che saranno gli organi preposti a valutare i pro e i contro di questa vicenda. Il nostro compito è quello di tutelare i risparmiatori. Se questa scelta potrà consentirci di acquisire nuovi capitali da ripartire alle vittime del crac in tempi brevi e offrire un importante ristoro ai risparmiatori, ben venga. E’ importante però chiarire il peso finanziario dei beni messi a disposizione prima di qualsiasi valutazione».
Una quantificazione chiara che potrebbe arrivare già tra poche settimane, come ribadisce Michele Romano, presidente del comitato dei creditori. «Agli inizi di febbraio è fissata l’udienza del processo penale a Roma – afferma Romano – In quella circostanza i falliti dovranno scoprire le carte e dirci quanto mettono sul piatto alla luce della loro collaborazione. Sui trust il discorso è complesso e ci affidiamo alla Procura di Torre Annunziata che tanto ha fatto e sta facendo per le vittime di questo fallimento. Non bisogna tralasciare nulla e aspettare».
Aspettare qualche giorno per scoprire le carte. Per capire se tra offerte e rilanci gli armatori-pentiti fanno sul serio o invece stanno bluffando.