Dal traffico illecito di rifiuti all’omicidio di Don Peppe Diana, attraverso la vicenda del clan dei Casalesi: è la storia svelata dal collaboratore di giustizia Domenico Bidognetti al giornalista Fabrizio Capecelatro in un romanzo verità su oltre 20 anni di storia criminale italiana: ‘Il sangue non si lava’ (ABeditore, 188 pag, 19,60 euro).
Dopo aver testimoniato in Tribunale l’organizzazione e la ferocia del clan dei Casalesi, Bidognetti ha deciso di portare la sua esperienza fuori dalla aule giudiziarie. Nel libro il boss ripercorre la storia dei Casalesi, ricostruisce le dinamiche del traffico illecito di rifiuti e di tutti gli altri affari in cui il clan era coinvolto, racconta i più importanti omicidi, soprattutto quello di Don Peppe Diana, le più sanguinose guerre di camorra e le stragi più efferate come quella di “San Gennaro” a Castel Volturno, nel Casertano, tratteggia, infine, i profili dei più importanti boss di camorra degli ultimi anni.
“Questo libro – spiega lo stesso Capecelatro – permette, tramite la testimonianza diretta di chi è stato ai vertici dell’organizzazione criminale, di capire i meccanismi di funzionamento del clan dei Casalesi, un clan – ben diverso, per struttura e organizzazione, dalla camorra napoletana – che ha assoggettato per molti anni l’Italia e non solo. Al di là della ricostruzione degli eventi di cronaca, la mia intervista a Bidognetti si è volutamente concentrata sui metodi del sodalizio criminale capeggiato per anni proprio dall’alleanza Schiavone-Bidognetti, al fine di offrire una testimonianza utile a capire, ed eventualmente scoraggiare, l’affiliazione a qualsiasi organizzazione di tipo mafioso”.
“Questi racconti, senza questo libro, sarebbero rimasti chiusi negli archivi dei palazzi di giustizia e invece ora possono diventare di monito per chiunque”, scrive nella prefazione del libro il magistrato Giovanni Conzo, in prima linea nel contrasto alla criminalità organizzata.
Domenico Bidognetti è stato prima uno dei più spietati killer e, poi, uno dei più importanti boss del clan dei Casalesi.
Soprannominato ‘o Bruttaccione, è stato battezzato “uomo d’onore” a soli 25 anni, ma ha poi tradito quel giuramento nel 2007, quando ha deciso di collaborare con la giustizia, dopo 7 anni di carcere duro al regime di 41 bis. È quindi diventato il più importante testimone interno dell’organizzazione criminale, tanto che nel 2008 fu ucciso il padre per tentare di fermare la sua collaborazione. Ancora oggi testimonia in tribunale contro i suoi ex alleati e affiliati.