E’ il suo super-eroe preferito, il paladino degli indifesi con cui si addormenta ogni notte. Cullando il sogno, come tutti i bambini, di diventare come lui. Come Spiderman, il personaggio immaginario stampato con vividi colori rosso e blu sul suo pigiama. Ma Alessandro difficilmente riuscirà a “sparare” ragnatele dalla sua mano destra, rimasta maciullata dall’esplosione di un botto il giorno di Capodanno. Alex, come lo chiamano tutti nel quartiere, fissa la fascia bianca avvolta intorno all’arto mutilato dall’esplosione: «Guarirò?», chiede al padre seduto accanto a lui. Una domanda a cui, a 40 giorni dal dramma, nessuno può rispondere con certezza. Alex ha nove anni ed il 31 dicembre ha raccolto un petardo inesploso da terra. «Stava giocando con i suoi amici io ero in casa perchè ero sottoposto agli arresti domiciliari – racconta papà Giovanni – e ricordo solo le urla di mio figlio, dei vicini di casa e mia moglie in lacrime». Alex non avrebbe mai immaginato che raccogliere quel petardo, un rambo 31 «io non ho mai comprato i botti ai miei figli, non ho nemmeno i soldi per comprali visto che sono disoccupato e nella mia vita ho sbagliato spacciando». Una doppia storia in un contesto difficile dove il destino amaro di Giovanni ha dovuto incassare anche la disgrazia di una notte di inferno e di una vita di un figlio che cambia per colpa degli altri.«Sono stato sette anni in carcere – racconta Giovanni – e questo doveva rappresentare un Natale speciale: il giudice mi ha concesso la pena alternativa e la mattina lavoro nella casa salesiana facendo le pulizie, stavo iniziando a ricostruirmi una vita ma il 31 ho vissuto l’inferno e ancora oggi non so come andare avanti». Guarda Alex, l’ultimo suo “gioiello” di quattro figli «sono loro la mia ricchezza ma per Alex non sarà più come prima». Alessandro dal 31 dicembre ad oggi ha subito già quattro interventi chirurgici e sarà sottoposto ad altri due nelle prossime settimane. «A causa dell’esplosione – spiega ancora papà Giovanni – ha perso l’indice e il medio, ha una mano tappezzata di cinquanta punti. La ferita deve rimarginarsi ma nel frattempo rischia di prendere infezioni e dove sottoporsi a continui interventi ma la priorità ora è anche quella di ridonargli una normalità». Alex non potrà più usare la sua mano come prima ma potrà invece provare ad indossare un guanto-mano, una protesi che gli consentirà di avere, almeno esteticamente, una mano uguale agli altri coetanei. «Purtroppo non possiamo permettercelo – incalza Giovanni – io non ho un lavoro, mia moglie nemmeno. Il 17 novembre del 2009 sono stato arrestato: spacciavo droga, vendevo dosi di marijuana e mi chiamavano il fruttivendolo perchè ogni frutto corrispondeva ad dose diversa di roba. Ho sbagliato, lo so. In questi lunghi anni di carcere però ho capito che la criminalità non porta a niente – spiega ancora – ora mi trovo a chiedere aiuto, una raccolta fondi per sostenerci in questa disgrazia, mio figlio non può stare con una garza intorno alla mano per sempre». Piange e china il capo ma a dargli la forza è proprio il piccolo Alex «papà stai tranquillo che le cose si sistemano e poi sto bene, non mi fa male la mano». Proprio come il suo supereroe.
CRONACA
7 febbraio 2017
Vittima dei botti-killer a Torre Annunziata: sogna la mano nuova