Un appalto su tre nelle mani della camorra. È l’inquietante dato che emerge dalla relazione del Prefetto di Salerno, Salvatore Malfi, in cui sono state elencate le motivazioni che hanno portato allo scioglimento per infiltrazione mafiosa del Comune di Scafati. Un numero spaventoso, emerso dall’approfondita analisi della documentazione raccolta negli scorsi mesi dalla Commissione d’Accesso e che fa riferimento al periodo che va dal 2010 al 2012, anni in cui sarebbero state poste le basi per creare il “sistema Scafati”. «Si sottolinea che più del 30% delle aggiudicazioni degli appalti del Comune nel periodo 2010-2012 risulta affidato a ditte collegate o comunque riconducibili, in modo diretto o indiretto, ad esponenti dei clan camorristici operanti nell’area casertana e partenopea», si legge nella relazione. Numeri nudi e crudi che vengono dettagliati nel documento inviato al Ministro dell’Interno grazie a un caso emblematico.
È l’appalto del Polo Scolastico, la struttura che doveva sorgere in via Oberdan a poche centinaia di metri da Palazzo Mayer il cui cantiere è bloccato a causa di guai giudiziari del Comune con la ditta incaricata dei lavori, il simbolo che «consente ulteriormente di riscontrare l’esistenza di una possibile situazione d’inquinamento mafioso e di collegamento indiretto con la criminalità organizzata». La ricostruzione della Commissione d’Accesso sul bando per la realizzazione dell’opera – scrive Malfi – fa emergere «una significativa turbativa d’asta e un chiaro riscontro della permeabilità dell’ente nei confronti della criminalità organizzata sin dalla fase della progettazione». Nella fase iniziale, infatti, l’amministrazione comunale «ha provveduto all’aggiudicazione del servizio di progettazione preliminare e definitiva dell’opera a favore di un Raggruppamento Temporaneo di cui faceva parte un soggetto (omesso nella relazione) riconducibile a un architetto legale rappresentante di una società, nei cui confronti risulta adottato un provvedimento cautelare del tribunale di Napoli».
L’avvenuta assegnazione dei lavori di progettazione alla società su cui si è abbattuta la scure della Procura partenopea «consente ulteriormente di riscontrare l’esistenza di una possibile situazione d’inquinamento mafioso e di collegamento indiretto con la criminalità organizzata» in quanto il provvedimento del Tribunale evidenzia «la natura dei rapporti del professionista con un gruppo criminale chiaramente legato al clan dei Casalesi». All’appalto del Polo Scolastico viene dedicato poi un altro capitolo della relazione, nel quale Malfi sottolinea che «l’intera procedura è stata caratterizzata da comportamenti omissivi, irrituali, totalmente difformi alla normativa di settore, che hanno determinato una sostanziale turbativa d’asta, “aprendo” l’appalto a prevedibili incertezze esecutive e alla possibilità di significative varianti». Una situazione che ha «determinato l’insostenibilità dell’appalto, il potenziale rischio di contenzioso e il sicuro spreco di circa 9 milioni di finanziamenti comunitari» e che ha fatto puntare il dito anche contro i dirigenti e i tecnici comunali e «l’illogicità dei loro comportamenti».
La società di verifica, il Rup e l’amministrazione comunale, secondo quanto ricostruito dalla Commissione d’Accesso «evidenziano correttamente la non conformità della progettazione presentata» dalla ditta aggiudicatrice dell’appalto ma poi «noncuranti dello stravolgimento del progetto in fase di gara approvano un progetto che presenta sostanziali variazioni rispetto all’originale». Una serie di avvenimenti che, dunque, «hanno determinato una significativa turbativa d’asta», facendo diventare l’appalto del Polo Scolastico il simbolo del “sistema Scafati”.