Terzigno. Non avesse scelto di tornare in consiglio comunale, forse, oggi sarebbe ancora libero di girare per le strade della sua Terzigno, la città nella quale non può tornare in virtù di un divieto di dimora che gli è stato imposto dai giudici nei giorni scorsi. A un mese dal ricorso rigettato dalla Corte di Cassazione, sono state pubblicate le motivazioni sulla misura cautelare imposta al consigliere comunale coinvolta nell’inchiesta sulle Ombre Cinesi.
A decidere di allontanare Tomassi da Terzigno sono stati i giudici ermellini della sesta sezione della Corte di Cassazione. E’ stata proprio la voglia di riprendere un posto in municipio a costare caro all’esponente della minoranza, unico dissidente della squadra di governo locale guidata dal primo cittadino Francesco Ranieri.
Già, perché la decisione del divieto di dimora sul territorio comunale di Terzigno nasce proprio dal rientro in politica di Tomassi nel giugno scorso, quando ha ripreso il posto in consiglio a un mese dalle paventate dimissioni dall’incarico. «Il comportamento preocessuale tenuto dal Tomassi in occasione della richiesta avanzata al giudice dell’udienza preliminare per la sostituzione della misura degli arresti domiciliari con quella dell’obbligo di presentazione apprezzandolo, – scrivono i giudici nella sentenza che rigetta il ricorso presentato dai legali del consigliere – con argomento affatto irragionevoli, come una condotta scaltra avendo il ricorrente taciuto la irritualità delle proposte dimissioni, a sua conoscenza perché comunicata al difensore fin dal 23 aprile 2016 e, quindi, ben prima della formale comunicazione notificatagli». Insomma a Tomassi la misura cautelare degli arresti domiciliari fu commutata in obbligo di firma. Poi il ripensamento dei giudici qualche mese dopo e l’arrivo del divieto di dimora.
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