L’incompiuta che tutti vorrebbero completare. Quasi vent’anni dopo la prima volta che fu pronunciata la parola (bruttina, in verità) “Salernello”, riecco prender quota l’ipotesi d’un centro sportivo di proprietà del club granata a Castel Rovere. Era l’idea di Nello Aliberti, il presidente della promozione in serie A della Salernitana nel 1998. L’imprenditore di San Giuseppe Vesuviano, a cavallo tra la fine del secolo scorso e l’inizio del nuovo, cavalcò l’onda dei migliori anni della storia dell’ippocampo e decise di “metter su casa”. Acquistò i terreni nel comune di Giffoni Valle Piana, affidò il progetto a stimati professionisti, posò pure la prima pietra e avviò i lavori dopo esser stato in ricognizione ad Amsterdam, nel quartier generale dell’Ajax, con un non ancora stra-famoso (né stra-ricco) Mino Raiola a fargli da interprete in nome d’un rapporto nato con le operazioni che avevano portato all’ombra del Castello d’Arechi gli olandesi Jansen e Ferrier nell’estate del 1996.
Aliberti, com’è storia nota, fu costretto a fermarsi quando la situazione economica della società precipitò. Ne parlò pure in aula, durante l’interrogatorio-fiume da imputato nel processo sul crac della sua Salernitana Sport Spa dinanzi ai giudici del Tribunale di Salerno (che l’hanno condannato in primo grado): «Avevamo iniziato a realizzare il centro sportivo di Castel Rovere, un investimento che avrebbe creato grosse plusvalenze. Però, poi, ci fecero fallire…». E il progetto rimase su carta. Lasciando solo qualche segno, ormai fatiscente, come mostrano le foto scattate ieri, al tramonto, in quel vastissimo terreno da 124mila metri quadrati ora di proprietà della famiglia Bianco, che se l’aggiudicò all’asta.
Ci (ri)pensò pure Antonio Lombardi, che di mestiere faceva (e fa) il costruttore, con la Salernitana Calcio 1919 che raccolse, tramite il Lodo Petrucci, l’eredità del club di Aliberti. L’idea non si concretizzò, e in breve tempo anche quel sodalizio finì in rovina. Adesso, nel sesto anno della propria gestione, Claudio Lotito e Marco Mezzaroma soffiano sulla polvere del progetto, rilucidando carte ingiallite e pensando seriamente che la svolta possa consumarsi lì, nel territorio picentino. Ed è solo un dettaglio il fatto che tra Lotito e Aliberti non ci sia mai stata simpatia, eufemismo per non dir altro. In fondo gli unici interlocutori per le trattative, che l’Us Salernitana di oggi avrebbe già abbozzato (almeno avviando un giro di consultazioni), sarebbero i proprietari dell’area e il Comune di Giffoni Valle Piana. Mezzaroma, professione costruttore, con tanto di blasonata tradizione di famiglia alle spalle, in questi giorni ha detto «sì, si potrebbe fare», pur mantenendo la solita prudenza sulla tempistica.
Quel ch’è probabile, o forse certo, è che presto la voce “centro sportivo di proprietà” potrebbe risultare determinante per il sostentamento delle società di serie B secondo i nuovi parametri della mutualità. A dirla con parole più semplici, l’agognata svolta nell’impiantistica, storicamente carente a Salerno e provincia, diventerebbe un obbligo per la società granata. E la grande opera incompiuta d’alibertiana memoria è già lì, che aspetta. Chissà che, dopo quasi vent’anni, per la Salernitana non sia la volta buona…