«Quando lo vide in “Totò a colori” Alberto Moravia lo definì un fenomeno. Ecco cosa è stato lui. Un uomo che ha avuto il merito di unire il Paese con la sua arte». Renzo Arbore si lascia trasportare dalle emozioni nel tracciare il ricordo del suo “incontro” con Antonio de Curtis, per tutti Totò. Il cantautore sale in cattedra nell’aula magna dell’Università degli Studi Federico II per declamare la sua “laudatio academica” in occasione del conferimento della laurea honoris causa in Discipline dello spettacolo al Principe della risata scomparso 50 anni fa. In una sala gremita da studenti, istituzioni, intellettuali e giornalisti la passione per Totò prende forma nelle parole dell’artista foggiano, che interviene dopo i saluti del rettore Gaetano Manfredi e del docente di Letteratura italiana Matteo Palumbo. «Sono troppo emozionato – esordisce – il mio Totò è quello che racconterò. Cercherò però di non essere accademico, perché questo significa colto, dotto e io non lo sono. Ho scelto di raccontare il mio Totò, quello che incontrai sullo schermo per la prima volta quando avevo solo 7 anni. Mio padre mi portò a vedere al cineteatro Umberto Giordano di Foggia “Fifa e arena”, una parodia di “Sangue e arena”, in cui c’era questo tipo curioso che rappresentava anche la fame, tanto che addirittura nel film arrivava a mangiare una spugna col sapone. Ecco, lui ha avuto il compito di consolarci dai dolori del dopoguerra». Secondo Arbore, a Totò «si deve il merito di conciliare attraverso le risate il nord e il sud dell’Italia, il ricco e il povero, con la sua cultura e la sua comicità». Poi il racconto delle origini: «Essendo nato a Napoli, alla Sanità, aveva iniziato la sua carriera con la commedia dell’arte. Tanto che assegnava i ruoli alla gente del vicolo, dove abitava lui, in via Santa Maria Antesaecula. Poi esordì nell’avanspettacolo, a teatro e al cinema». Commovente e spassoso allo stesso tempo il ricordo dei partner cinematografici: «Tre furono i più grandi, Peppino De Filippo, Nino Taranto e Aldo Fabrizi. Ma non dimentichiamo il Totò attore drammatico, come nel film di Mauro Bolognini “Arrangiatevi”, dove si ritrova ad abitare in un’ex casa di tolleranza». Pura poesia è l’ultimo Totò, quello dei film con Pasolini: «Per dirla in latino non sono “dignus” di parlare di Totò e Pasolini, ma non si può non ricordare quel capolavoro che fu la sua ultima interpretazione in “Che cosa sono le nuvole?”, episodio di “Capriccio all’italiana”». La cerimonia si è conclusa con la consegna della pergamena alla nipote di Totò, Elena de Curtis: «Sono emozionata – ha detto – e, come direbbe lui, “alla faccia del bicarbonato di sodio”. Oggi questa “laura” gli viene restituita dopo mezzo secolo di gioia che lui ha regalato a noi». A concludere la mattinata il ministro dei Beni culturali Dario Franceschini, intervenuto insieme al sindaco Luigi de Magistris e al presidente della Regione Vincenzo De Luca: «Sono cresciuto a pane e Totò, sono qui anche come innamorato. Saluto il collega Trombetta e il suo papà Trombone», ha commentato ironizzando e citando naturalmente…Totò.
CRONACA
6 aprile 2017
Ecco il Dottor Totò: Napoli omaggia il suo Principe