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La Cassazione non vedrà il video di Schettino. I difensori: «Sabotaggio sulla nave». E a Meta il comandante non c’è
CRONACA
12 maggio 2017
La Cassazione non vedrà il video di Schettino. I difensori: «Sabotaggio sulla nave». E a Meta il comandante non c’è
metropolisweb

La Cassazione ha respinto la richiesta dei difensori dell’ex comandante della Costa Concordia, Francesco Schettino, di visionare in aula un dvd realizzato dallo stesso imputato per fornire la sua versione del naufragio all’Isola del Giglio. “Non vi è alcuno spazio in sede di legittimità per l’acquisizione di nuove prove, non si può chiedere a questa corte una sorta di rinnovazione dibattimentale”, ha detto Vincenzo Romis che presiede il collegio della quarta sezione penale che deve decidere questo processo. Romis ha letto in aula l’ordinanza con la quale la richiesta è stata respinta. Ora è in corso l’ultima arringa, quella dell’avvocato Saverio Senese che difende Schettino insieme al collega Donato Laino.
“Ci sono elementi significativi che sulla Costa Concordia ci fu un’attività di sabotaggio: qualcuno aveva manomesso l’ecoscandaglio, elementi del radar e l’allarme visivo” e inoltre “ci sono indizi convergenti di un complotto degli ufficiali ai danni di Schettino al quale omisero di dire che la nave era fuori rotta quando lui prese il comando di notte al buio, in un punto imprecisato di una rotta imprecisato”. E’ questo uno dei punti decisivi dell’arringa dell’avvocato Senese. Ad avviso del difensore, la sentenza di appello “manca di motivazione sulla colpevolezza di Schettino nel naufragio perché non fornisce elementi per dire che il comandante consapevolmente si discostò dalla rotta tracciata da Canessa. La sentenza motiva senza motivare, esiste senza esistere perché non dà risposta alle obiezioni della difesa”. La Costa Concordia, la sera del naufragio, era fuori rotta e Schettino “non solo non sapeva dove la nave fosse, ma c’é la prova che non lo sapeva perché se avesse saputo che gli scogli erano così vicini non avrebbe ordinato di aumentare la velocità”,ha sottolineato Senese.
“Schettino quella sera voleva effettivamente fare l”inchino’ all’isola del Giglio per fare un piacere al maitre Tievoli, ma non voleva andare così vicino all’ isola e quando vide la schiuma degli scogli diede ordine al timoniere che commise ben otto errori” continua Senese nella sua arringa sottolineando anche che nessuno degli ufficiali “comunicò al comandante il punto nave”. Senese ha inoltre sostenuto che il verdetto d’appello che ha condannato Schettino a 16 anni e un mese di reclusione deve essere annullato perché è stato emesso da un collegio giudicante “costituito ‘ad hoc’ solo per lui, in violazione delle regole tabellari”. “Manca poi il provvedimento di assegnazione del processo e se il rispetto delle regole dovesse valere solo per Schettino e non per i giudici allora non saremmo più in un Paese democratico”. Per Senese, il processo d’appello deve essere celebrato nuovamente o “altrimenti è inevitabile che Schettino si senta un perseguitato”. Per la difesa dell’ex comandante è inoltre “inutilizzabile l’interrogatorio di garanzia reso al gip di Grosseto e divenuto la struttura portante della responsabilità del comandante nel naufragio: non c’è mai stato il consenso esplicito di Schettino all’utilizzo di quell’ interrogatorio e solo le dichiarazioni rese nel contradditorio hanno valore di prova”. Senese ha poi illustrato 14 vizi di motivazione del verdetto di appello che sarebbero divenuti “altrettanti travisamenti delle prove”.

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