Torre del Greco. La parola “fine” sembrava essere stata scritta durante il consiglio comunale dei veleni, quando il sindaco Ciro Borriello aveva rinunciato all’idea della manifestazione di interesse e convinto la sua maggioranza a votare l’immediato inserimento degli ex Molini Meridionali Marzoli all’interno dell’elenco dei beni alienabili del Comune. In pratica, niente attese e via libera a eventuali trattative con i privati per la vendita dello storico complesso di via Calastro. Invece, a una settimana dall’assise, spunta un cavillo destinato a infiammare nuovamente la crociata popolare per salvare il simbolo della zona porto di Torre del Greco.
Lo spreco di fondi europei
La questione è legata, in particolare, agli interventi di ristrutturazione e riqualificazione eseguiti dall’amministrazione comunale targata Ciro Borriello grazie ai fondi europei. A sollevare la questione – portata all’attenzione del segretario generale Domenico Gelormini – il capogruppo del Movimento 5 Stelle a palazzo Baronale. Pronto a rilevare le incongruenze tra il piano di recupero effettuato con i soldi del progetto Più Europa e la delibera con cui si “apre” allo sbarco dei privati all’interno degli ex Molini Meridionali Marzoli. «Nelle opere pubbliche realizzate sia con risorse comunitarie sia con risorse comunali – la premessa di Ludovico D’Elia – ci sono vari interventi legati agli spazi aperti degli ex Molini Meridionali Marzoli come i lavori di ristrutturazione del centro formativo per attività veliche e la riqualificazione e sistemazione dell’area parcheggio». Interventi realizzati – come ebbero a dire il sindaco Ciro Borriello e l’assessore ai lavori pubblici Luigi Mele – con l’obiettivo principale del recupero dello storico complesso di via Calastro, destinato inizialmente a diventare un incubatore di imprese del settore marittimo. Conseguentemente, il ragionamento del “grillino” del Comune, i lavori sono stati eseguiti in aree a tutti gli effetti pertinenziali agli ex Molini Meridionali. Ovvero, al servizio degli undici immobili destinati – secondo la delibera approvata in consiglio comunale – all’eventuale vendita ai privati.
Interesse pubblico e privato
Di qui, i dubbi messi nero su bianco da Ludovico D’Elia e “girati” al nuovo segretario generale dell’ente di palazzo Baronale: «Si chiede di sapere se la delibera a oggetto il piano delle alienazioni e delle valorizzazioni immobiliari – la domanda del capogruppo del Movimento 5 Stelle – si possa considerare regolare e legittima, comprendendo aree pertinenziali recentemente soggette a interventi con fondi europei oppure se ciò non infici anche la validità della delibera di consiglio comunale». Un interrogativo solo apparentemente marginale, perché – dovesse essere riconosciuta la validità dell’osservazione di Ludovico D’Elia – gli eventuali acquirenti degli undici immobili inseriti nel piano di alienazione del Comune dovrebbero affrontare un “inconveniente” niente affatto trascurabile: in pratica, acquisterebbero 11 edifici senza accesso dalla strada a meno di “forzare” il fine ultimo grazie a cui sono arrivati i fondi europei all’ombra del Vesuvio.