‘Nel 2011/2012 fui convocato a casa di Luigi Cesaro che mi chiese, ovviamente come esponente del clan Puca, di appoggiare la campagna elettorale di una persona che loro portavano come sindaco, tale Cristoforo. Luigi Cesaro in quell’occasione mi diede 10 mila euro e mi disse specificatamente come dovevo fare per manipolare la campagna elettorale”. E’ quanto afferma a proposito dei presunti rapporti con il deputato di FI Luigi Cesaro, in un verbale di interrogatorio – riportato nell’ordinanza di custodia emessa oggi nell’ambito dell’inchiesta su infiltrazioni camorristiche a Marano – il pentito di camorra Ferdinando Puca, esponente del clan attivo a Sant’Antimo, in provincia di Napoli. ”Preciso – afferma il collaboratore di giustizia – che gia’ nel 2003/2004 avevo fatto la stessa cosa per mio cugino Pasquale Puca. Nel 2011, Luigi Cesaro mi disse che dovevo comprare le schede elettorali”. Puca racconta di aver ricevuto 10mila euro per acquistare ”le schede elettorali” e di aver ricevuto il compito di verificare il giorno delle elezioni che ”la corrispondenza tra i votanti da noi pagati (50 euro a testa piu’ 10 per i galoppini, riferisce, ndr) ed i voti effettivamente presi”. Questo ha aggiunto Puca ”facevano anche i Cesaro in quanto avevano persone loro direttamente nei seggi”. Il pentito afferma che tali modalita’ erano state concordate con Luigi Cesaro: ”Le dico che assolutamente si’ – risponde alla domanda del pm – in quanto e’ proprio questo il motivo per il quale i politici si rivolgono alla camorra. Siccome la campagna elettorale ando’ bene in quanto il soggetto fu eletto, Antimo e Luigi Cesaro mi ricompensarono dandomi 35 mila euro che io divisi con Pasquale Verde, ‘o cecato. Per altro i Cesaro sempre in forza dello stretto legame camorristico ed imprenditoriale che hanno con il clan Puca versano a Teresa Puca, figlia di Pasquale, 10 mila euro al mese”.
Gli imprenditori Aniello e Raffaele Cesaro, fratelli del deputato di Fi ed ex presidente della Provincia di Napoli Luigi Cesaro, sono stati arrestati nell’inchiesta sulle infiltrazioni del clan Polverino negli investimenti da 40 milioni di euro per il piano di insediamento produttivo del Comune di Marano. Sono cinque complessivamente le ordinanze di custodia eseguite dai carabinieri del Ros nelle quali il gip, su richiesta della Dda di Napoli, contesta i reati di concorso esterno in associazione mafiosa, riciclaggio, minaccia e falsita’ materiale e ideologica commessa da pubblico ufficiale, reati aggravati dalle finalita’ mafiose. Nel corso dell’operazione sono stati sequestrati anche beni per un valore di 70 milioni di euro. Una indagine – coordinata dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli e dai pm Maria Di Mauro e Giuseppe Visone – concentrata sulle attivita’ della organizzazione egemone nell’area nord occidentale di Napoli. Per gli inquirenti si e’ realizzato un patto tra il clan e i fratelli imprenditori funzionale all’aggiudicazione dell’appalto attraverso intimidazioni e reimpiego delle risorse economiche provenienti dai traffici illeciti della cosca. I fratelli Cesaro, secondo l’accusa, erano in societa’ con esponenti di vertice dei Polverino ed in virtu’ di questo accordo, avrebbero imposto varianti, nomine, intimidito proprietari dei terreni, predisposto mediante professionisti atti e certificazioni false. Si avvalevano – raccontano le carte dell’inchiesta – delle condizioni di forza derivanti dal patto con il clan e applicavano il potere intimidatorio in ogni fase dell’iter amministrativo-procedurale nella realizzazione del Piano, dove sono finiti i soldi, riciclati, del clan Polverino. Presunte inadempienze determinarono nel dicembre 2016 il sequestro delle opere di urbanizzazione: gli inquirenti ravvisarono un pericolo per l’incolumita’ pubblica dovuto al mancato collaudo e alla pessima esecuzione delle opere della rete fognaria, idrica ed elettrica. “La scelta del clan e’ stata quella di affidarsi a imprenditori non organici ma che potevano avere entrature, contiguita’ e agganci con la politica, che a sua volta poteva agevolare l’aggiudicazione e la realizzazione dell’appalto, come puntualmente e’ avvenuto”, ha spiegato il procuratore facente funzioni di Napoli, Nunzio Fragliasso. Nelle indagini e’ coinvolto anche il deputato Luigi Cesaro?, e’ stato chiesto durante la conferenza stampa. “La procura di Napoli – ha risposto Fragliasso – si pronuncia sulle evidenze investigative che si inseriscono in un provvedimento giudiziario ostensibile”. Una affermazione che fa ipotizzare l’avvenuta iscrizione del parlamentare nel registro degli indagati, atto coperto da segreto. Il comandante del Ros, generale Giuseppe Governale, ha parlato dei rapporti tra imprenditori, crimine e politica locale, “che rimane sullo sfondo quando non appare protagonista”. Proventi illeciti sarebbero stati riciclati attraverso investimenti in complessi residenziali realizzati attraverso le imprese dei cugini Antonio Di Guida e Pasquale Di Guida i quali, con la partecipazione dell’ingegnere Oliviero Giannella, avrebbero