Il momento è difficile. Ma nessuno ha voglia di piegare la testa. In primis gli italiani che nel Regno Unito hanno trovato una seconda casa. «Vivere nel terrore no, non è quello che dobbiamo accettare. Londra è più forte di tutto», spiega Luca Galdi, manager salernitano emigrato in Inghilterra. Il project director Sagitter Training racconta a Metropolis come ha vissuto la notte degli attentati nella capitale che hanno causato 7 morti e 48 feriti.
di Luca GALDI
La finale di Champions League è finita da poco. Ho visto la partita in uno sports bar a Piccadilly con gente proveniente da ogni angolo del mondo: c’è chi tifa Juve, chi Real, chi guarda la partita e si gode lo spettacolo degli sfottò tra tifosi. La finale di Champions League è finita da poco, ha vinto il Real e il bar si svuota. C’è chi canta “Campeones de Europa”, chi rosica, chi dà la colpa della sconfitta della Juventus a Higuain o Dybala, insomma: c’è la normalità. «Andiamoci a mangiare un hamburger», dice un amico, tifoso del Real. Ci si siede a tavola. Con me c’è tutta la mia Londra: la mia fidanzata, che ci ha raggiunto da poco perché il calcio proprio non le interessa, e i miei amici di sempre. Al tavolo siamo 7 tra spagnoli e italiani. Si parla di calcio, è normale, è appena finita la finale. Ad un certo punto passano delle ambulanze con le sirene accese. Non ci dai nemmeno importanza e continui a leggere il menù come se tutto fosse normale. Poi arrivano le notifiche da Whatsapp: “Ciao Luca, tutto bene’”, “Si, perché?” (pensavo che la domanda fosse riferita alla finale appena finita). “Non hai visto cosa è successo a London Bridge?”, risponde preoccupato l’amico.
No, non avevamo visto nulla. Tutti con il cellulare in mano, è successo qualcosa. La cameriera del locale, italiana, preoccupata, ci domanda cosa stesse succedendo. Ci sono ancora troppe poche informazioni, si parla di attentati ma è presto per capire. Dobbiamo intanto raggiungere un locale a Camden Town. “Ma prendiamo la metro?”, “Si Luca, sono solo un paio di fermate”. Appena usciti dalla stazione della metropolitana le notifiche su Whatsapp sono tante, tutte da mittenti diversi: “Luca, state bene?”, “Tutto ok a Londra?”, “Compà, ma che sta succedendo?”. Ora il cellulare parla di 3 attacchi a sud del Tamigi, si parla di morti: “che sta succedendo” ce lo chiediamo anche noi. Ognuno si mette al cellulare per assicurarsi che gli amici stiano bene. Si va tutti insieme in un locale. Ovviamente al pub si guarda solo lo smartphone, ad un certo punto basta. Sul web cominciano ad apparire video di pub evacuati, adesso andiamo a casa anche noi, ma non perché abbiamo paura. Vivere nel terrore no, non è quello che dobbiamo accettare. Londra è più forte di tutto. Una città dove l’amore prevarica e dove la normalità di una partita e di un hamburger tra amici non deve essere rovinata da cose del genere. Vivere nel terrore no. Londra è più forte. Londra è la nostra normalità.