Torre del Greco. «Fatta la legge, trovato l’inganno», recita un noto proverbio evidentemente conosciuto a palazzo Baronale. Dove sono bastate 36 ore ai politici-lavoratori del Comune per “limitare i danni” del giro di vite deciso dal segretario generale Domenico Gelormini per fermare gli sprechi legati ai rimborsi d’oro pagati dall’ente di largo Plebiscito alle ditte presso cui risultano assunti vari consiglieri comunali. Assunzioni costate circa 200.000 euro in soldi pubblici in 15 mesi, spese immediatamente finite sotto i riflettori del successore di Anna Lecora e portate all’attenzione della procura di Torre Annunziata.
Lo stop alla corsa all’oro
Con un’apposita nota il neo-funzionario aveva ricordato ai politici-lavoratori il corretto funzionamento delle commissioni consiliari, limitando il pagamento dei rimborsi «alla durata effettiva delle riunioni». In pratica, stop alle sedute di sei ore con conseguente salasso delle casse comunali. Un affondo immediatamente “parato” dagli stacanovisti di palazzo Baronale, pronti a modificare gli orari di due commissioni comunali – la prima e la terza, presiedute rispettivamente dall’ondivago Ciro Piccirillo e da Ottavio Bello – convocate già alle 8 per “recuperare” ore da passare all’incasso. Un escamotage non passato inosservato e destinato a scatenare nuove polemiche in municipio, visto che – in teoria – le sedute si aprirebbero prima dell’orario di lavoro dei dipendenti comunali chiamati a vigilare sull’effettiva partecipazione dei consiglieri comunali alle riunioni. Insomma, a dispetto dell’arrivo dell’estate, pesanti nuvole nere si addensano su palazzo Baronale. Esattamente come nel 2005, quando scoppiò lo scandalo gettonopoli con quaranta tra politici e dipendenti comunali iscritti nel registro degli indagati dalla procura di Torre Annunziata.
Un “comunista” in fuga
Mentre i colleghi si ingegnano per non perdere i diritti previsti dalla legge, Domenico Maida rinuncia al ruolo di recordman degli aventi diritto ai rimborsi d’oro. L’ex capogruppo di Centro Democratico ha rinunciato al suo posto di lavoro (e conseguentemente ai rimborsi fino a oggi regolarmente incassati alla media di circa 4.200 euro lordi al mese) per entrare nella segreteria nazionale di Articolo Uno a Roma. Un comunista per caso – esattamente come il suo mentore Nello Formisano – ma ora non più alle prese con le “beghe” legate a gettoni e rimborsi d’oro.
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