Pompei. «Quando mi hanno arrestato mi sono detta “Sono fortunata, non mi ha ucciso, si è vendicato in un altro modo”. Il mio errore è stato che nei 16 anni di matrimonio non l’ho mai denunciato quando mi picchiava. L’ha fatto dal primo giorno dopo le nozze, anche quando ero incinta. L’ultimo anno non erano “picchiate normali”, voleva uccidermi». Lucia Casciello ha gli occhi scuri e lo sguardo fiero. Sul suo volto si apre il sorriso di chi ha avuto la forza di combattere e vincere una partita che sembrava persa. Tre anni fa la sua foto è apparsa sui giornali di mezza Italia. Lei, indicata come la moglie-mantide che avrebbe ordinato di uccidere il marito Vincenzo Tufano e affidato il compito a un ragazzino del rione Penniniello di Torre Annunziata. E, invece, i processi hanno mostrato tutt’altra realtà e prende corpo l’idea che il suo caso sia stato un “femminicidio mancato”.
Assolta dalla giustizia in via definitiva dopo 2 anni di carcere e 8 mesi di domiciliari, nei fatti adesso però è “condannata” a non vedere i suoi tre figli. «Il più piccolo oggi farà la prima comunione e io l’ho saputo soltanto per caso»- dice Lucia che sul cellulare conserva le foto dei tre figli che ridono felici quando vivevano tutti sotto lo stesso tetto e le mostra con orgoglio.
«Sono tre anni che non li vedo e non ho avuto alcun tipo di contatto»- racconta. Una ferita lancinante per il cuore di una mamma. Tanto più ora che è diventata definitiva la sentenza con cui i giudici della V sezione penale della Corte d’Appello di Napoli (presidente Domenico De Stefano, Antonietta Golia e Paola Cervo) l’hanno assolta dall’accusa di tentato omicidio. Quella stessa sentenza penale in cui si sottolinea che le testimonianze dei figli, che hanno negato le violenze del padre sulla mamma, siano frutto di un «condizionamento» esterno. In quelle pagine viene citata l’intercettazione tra la compagna di Tufano e sua madre in cui emerge «in modo pacifico come i figli cercassero di continuo la loro mamma perché ne avvertivano la mancanza, pur non manifestandolo apertamente per timore del padre».
Intanto per la giustizia civile, attraverso la quale si sta definendo il divorzio, i tre figli sono da dare in affido esclusivo al padre. Comprensibile quando lei era detenuta. Ma ora? «Il Ctu nominato dal Tribunale nel corso della separazione- spiega Lucia- ha aspettato la sentenza d’Appello prima di depositare la sua relazione. Ma anche ora, dopo l’assoluzione definitiva, è stato confermato l’affido esclusivo al padre». Tradotto in fatti concreti: Lucia può vedere i figli un giorno a settimana, o il sabato o la domenica, e ha diritto a 14 giorni tra luglio ed agosto e determinate festività da trascorrere con loro.
Diritto rimasto solo sulla carta. «Ho paura ad andare a prenderli da lui- dice- Come faccio a bussare a quella porta? Con tutto quello che è successo…. Ho paura di essere aggredita. Ho chiesto ai servizi sociali, alle forze dell’ordine di aiutarmi ma finora nessuno lo ha fatto». C’è una cosa che Lucia vuole chiarire più di ogni altra: «Non ho mai abbandonato i miei figli come va dicendo lui, sono stata costretta a non vederli». La paura è che possano continuare a subìre, soprattutto il più piccolo, il condizionamento da parte del padre e della sua attuale compagna che era la sua amante all’epoca del matrimonio.
Intanto anche l’ex marito ha avuto i suoi guai con la giustizia: il 6 giugno è finito ai domiciliari con l’accusa di favoreggiamento di un boss di camorra nell’inchiesta sul clan Di Lauro che ha visto il coinvolgimento dell’ex finanziere infedele Claudio Auricchio, suo amico. Domiciliari annullati dal Riesame perché il gip ha fatto un’ordinanza copia&incolla. Ora è libero.
«Non chiedo l’affido esclusivo- sottolinea Lucia- Ma almeno quello condiviso. Devo recuperare un rapporto con i miei figli. Il più piccolo era la mia coda. Non ci credo che non mi voglia vedere più. Hanno detto che non era vero che il padre mi picchiava, ma loro la sanno la verità. Lui ha dichiarato che io ho abbandonato tante volte la casa. Ma io non scappavo perché non volevo bene ai miei figli. Scappavo perché lui mi picchiava. Mi trovava sempre e mi veniva a riprendere. L’ultima volta sono andata a Milano. Il 13 agosto 2014 mi urlò di andarmene perché lui aveva un’altra donna. Disse che non dovevo portarmi i figli sennò faceva una strage. Pensava che non me ne sarei mai andata, ma quella volta lo presi sul serio e scappai a Milano. Poi denunciò che 4 giorni prima aveva subìto quell’agguato. Prima andava dicendo che mi avrebbe fatta uscire sui giornali. Non capivo, poi sono stata arrestata. Ma ero viva». Viva e pronta a combattere un’altra battaglia. Per riabbracciare i suoi figli.