Quando i poliziotti gli chiesero se sapesse chi gli aveva sparato tra la folla della Sagra dell’Annunziatella, lui disse di no. Anzi, quando gli mostrarono la foto segnaletica di Francesco Paolo Savarese dovette ammettere di conoscerlo – era stato il fidanzatino della sorella- ma si guardò bene dal pronunciarne il soprannome “cannellone” sebbene sollecitato sul punto dagli investigatori. Salvo poi sincerarsi con la sorella e la madre che non lo avessero fatto loro, che pure erano state appena interrogate in commissariato. Solo che quelle raccomandazioni con le parenti vennero intercettate dagli investigatori e si sono trasformate in una prova contro di lui.
I tre fermi
Questa è solo una delle ingenuità commesse da Gaetano Cavallaro, 20 anni rimasto ferito nell’agguato alla Sagra del Carciofo il 23 maggio scorso, fermato sabato e portato in carcere su disposizione del pm Sonia Nuzzo dagli agenti del commissariato, guidato dal primo dirigente Paolo Esposito, con l’accusa di tentato omicidio perché dopo un mese dall’agguato si sarebbe vendicato sparando 3 colpi di pistola calibro 22 contro Giovanni Cristofer Lambiase, cugino del suo aggressore. Insieme a Cavallaro sono stati fermati Francesco Paolo Savarese e Giuseppe Russo alias ‘pettolone’ con l’accusa di tentato omicidio perché il primo avrebbe sparato contro Cavallaro e il secondo, guidato lo scooter. A loro due contestate anche le lesioni personali alle tre ragazze che rimasero ferite per errore alla Sagra dell’Annunziatella. Ieri mattina sono stati interrogati davanti al gip Antonio Fiorentino del Tribunale di Torre Annunziata: sia Savarese, assistito dall’avvocato Roberto Cuomo, sia Russo assistito dall’avvocato Salvatore Irlando, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. La decisione del gip sulla convalida non era nota fino a ieri sera. Per Cavallaro, assistito dall’avvocato Alfonso Piscino, invece, è competente il Tribunale di Nocera Inferiore perché il ragazzo è stato fermato a Scafati. L’udienza di convalida è fissata per oggi.
Nella sala giochi con gli abiti dell’agguato
L’errore di Cavallaro più clamoroso sarebbe stato un altro: chi sparò contro Lambiase mentre si trovava all’esterno di un bar in via Napoli indossava il casco. Così le telecamere che si trovano in zona non ne inquadrarono il volto. L’abbigliamento, sì. Gli stessi abiti che Gaetano Cavallaro, su cui i poliziotti già avevano puntato gli occhi, indossava nella sala giochi sul lungomare dove venne immortalato subito dopo l’agguato. Ovviamente senza casco. Prova del nove che chiude il cerchio delle indagini in cui i poliziotti hanno raccolto tanti elementi che portano tutti in una direzione: le sparatorie che hanno segnato Castellammare tra maggio e giugno sono state un botta-risposta in “Gomorra style” tra ragazzini intorno ai vent’anni che per risolvere questioni personali, nate per motivi assai futili (la gelosia per una ragazza, la ‘guardata storta’), hanno emulato i protagonisti della nota serie tv. Con la pistola in tasca. Senza avere la capacità di farla franca. Perché se tra le tante critiche mosse a “Gomorra” c’è il fatto che non compaia mai una “divisa” a fare il suo dovere, nella realtà la Polizia ha individuato e fermato questa escalation di violenza sul nascere.
Il raid alla Sagra
Gaetano Cavallaro ferito andò in ospedale. Ma scappò quando capì che il medico che lo stava curando avrebbe chiamato la polizia perché si trovava in presenza chiaramente di ferite d’arma da fuoco. Nella fretta di fuggire il ragazzo lasciò al pronto soccorso la cintura con la quale si era stretto la gamba dove era stato ferito per evitare conseguenze peggiori. La cintura venne sequestrata. I poliziotti lo individuarono presto: il suo volto era già noto. Una “testa calda” che aveva già subìto un altro agguato qualche tempo prima in un bar del lungomare. Uno che non esitava a promettere vendette attraverso i social. Nell’agguato contro di lui vennero esplosi ben sette colpi di pistola calibro 9X21. Qualcuno di essi, rimbalzando, andò a colpire tre ragazze che erano tra la folla. Per una fu necessario estrarre il proiettile e frammenti metallici dal malleolo. A sparare, sostengono gli investigatori, fu Savarese. Individuato partendo da un messaggio whatsapp.