Brasiliano classe 75, inizia con il calcio che conta già nel 1994 e con il San Paolo, vince, da titolare, la Supercoppa sudamericana, la Recopa Sudamericana e la Coppa CONMEBOL. Nel 95 gioca con i carioca la finale, persa coll’Argentina, del Mondiale Under 20 e viene premiato come miglior giocatore del torneo, mettendo a segno anche 5 gol nella manifestazione
Caio Ribeiro detto “O Douthorinho” (il dottorino) per il suo abbigliamento molto ricercato e per il suo aspetto molto curato, ha tutte le prerogative calcistiche per attrarre le principali squadre europee, sempre in cerca di giovani di grande prospetto. La spunta l’Inter di Moratti che cerca il rilancio sportivo ma anche quello d’immagine. L’improvvido presidente Moratti compra, solo in quella stagione, più di 20 giocatori. Si passa da Zanetti e Roberto Carlos a Rambert e Cinetti, da Paul Ince a Pedroni e Centofanti. In questa variegata ”mandata”, Caio è tra quelli che suscitano grandi aspettative: è una seconda punta di ottima tecnica e di velocità considerevole. Appena arrivato a Milano si iscrive alla facoltà di Economia della Bocconi, e prende casa in via Montenapoleone. Un investimento di oltre 7 miliardi, diventa in breve tempo una imbarazzante zavorra. Gioca solo gli spezzoni di 6 partite e non centra mai la porta. Sicuramente ci mette del suo, ma quella Inter è guidata da Roy Hodgson (uno che non è riuscito a trovare una collocazione in campo a Roberto Carlos) e allora c’è il sospetto che un potenziale fenomeno sembri un innegabile brocco per una questione di schemi. Nonostante la stagione in panchina, arriva in finale alla Gold Cup con la Nazionale maggiore del Brasile mettendo a segno 3 gol in 4 partite. L’Inter decide di darlo in prestito al Napoli con la speranza che una maggiore continuità possa aiutarlo ad esprimere, anche in Italia, quelle potenzialità tanto evidenti nel suo paese. Qualcuno, nella speranza di riscaldare la tifoseria, improvvidamente lo definisce il “nuovo Careca “. Il paragone è blasfemo, ma la rosa del Napoli è sicuramente la meno adatta a favorire la sua rinascita. In attacco gioca accanto a Nicola Caccia ma perde rapidamente il posto, sostituito da Alfredo Aglietti sicuramente più decisivo sotto porta. Caio gioca 20 partite, poi finisce definitivamente in panchina dopo che, in un Udinese – Napoli (2 a 2), ad un metro dalla porta, nel tentare un tiro al volo, liscia clamorosamente la palla suscitando rabbia e ilarità in tutti i tifosi partenopei. Si narra che il presidente Ferlaino, per dimostrare la poca considerazione per il giovane brasiliano, avesse chiamato uno dei suoi cani “Caio”……o forse fu solo un caso.
Tornato in Brasile non riesce a rinverdire i fasti degli esordi, anche se gioca sempre in squadre importanti
A 31 anni si ritira dal calcio giocato per diventare “modello” e commentatore sportivo televisivo: molto apprezzato in entrambi i ruoli
In Italia ha giocato in tutto 26 partite e nessun gol. E’ arrivato, forse, troppo giovane, distratto anche da molti altri interessi. Per ragioni opposte l’Inter non poteva aspettarlo, il Napoli nemmeno.
Caio Ribeiro Decoussau è passato alla storia come un “bidone” ma forse è stato solo una “meteora”.