Ci sono volute otto ore per operarlo e pochissimo tempo invece per mandare in frantumi la speranza che potesse tornare a riavere le sue mani. Quelle mani amputate mentre lavorava una lastra d’alluminio in una fabbrica di Scafati, dove da più di quindici anni, Vincenzo De Santis, 38 anni di Torre Annunziata, faceva l’operaio. L’uomo è arrivato in elicottero all’ospedale Pellegrini di Napoli martedì. In una busta di plastica piena di ghiaccio i suoi colleghi avevano avuto la lucidità di conservare le mani ancora nei guanti. Al momento dell’incidente Vincenzo era solo, gli altri operai erano distanti da lui, a richiamarli sono state le sue urla. Una corsa contro il tempo dall’ospedale Umberto di Nocera Inferiore al Pellegrini, noto per il suo reparto d’eccellenza di chirurgia della mano. Ad operarlo una super equipe di otto medici: chiamato, non era di turno, Armando Fonzoni, noto chirurgo napoletano, in sala operatoria anche altri due pezzi da novanta Gugliemo Lanni, Leopoldo Caruso e Aldo Di Gironimo. Vincenzo aveva già subito un delicato intervento chirurgico per la ricostruzione di un dito. Era stato anche quello un incidente sul lavoro ed anche allora lo aveva operato il chirurgo del Pellegrini. L’opeario è arrivato lucido in ospedale, anzi è stato proprio lui a riconoscere Fonzoni. “Dottore ora mi raccomando – gli dice appena lo vede – ridatemi tutte e due le mani che non posso stare senza lavorare”. In pochi minuti tutti in ospedale sanno di Vincenzo, della sua storia e pregano per un lieto fine. Inizia un intervento lunghissimo e delicato, dall’esito ovviamente incerto. In sala operatoria sono necessarie tantissime trasfusioni, oltre quattro sacche di sangue vengono consumate durante l’operazione che inizia alle tredici e finisce intorno alla mezzanotte. Nella sala d’attesa ci sono i familiari di Enzo, la moglie Ida che lo vede giusto per qualche secondo.. L’intervento tecnicamente riesce, i medici sono fiduciosi. Ci credono tutti anche perché Vincenzo reagisce bene, è uno tosto. In mattinata già è stubato, gli fanno le prime tac. Resta solo da valutare il decorso post-opeartorio. “E’ andato tutto bene, cruciali saranno le 72 ore successive” dicono i dottori della rianimazione ai parenti nel primo pomeriggio. Sono appena le cinque, le cose precipitano poco dopo: le strutture ossee e nervose delle mani sono ricollegate, ma il sangue non riesce ad arrivare nella mano. “Sembrava in un primo momento che rispondesse bene alla rivascolarizzazione – spiega Fonzoni poco dopo averlo visitato – abbiamo provato e riprovato, trattandosi anche di un’amputazione bilaterale, ma il trauma subito a seguito dello schiacciamento e stracciamento ha mortificato troppo i tessuti e le piccole arterie, per cui quando il sangue circola nella mano si blocca a livello del microcircolo. Aspetteremo ancora un po’, ma le speranze sono ridotte al lumicino”. A breve quindi l’operaio, probabilmente ma non è ancora sicuro, potrebbe tornare sotto i ferri. Unica strada a quel punto, come dicono i medici, sarà il trapianto da donatore. Un intervento che di solito non è previsto per chi perde un organo non vitale, visto che la terapia farmacologica – immunorepressiva – a cui bisogna sottoporre poi il paziente è molto pesante e dura tutta la vita. “Parliamo però di un uomo che ha perso entrambe le mani – spiega Fonzoni – per cui si tratterebbe di uno di quei casi in cui è possibile considerare la possibilità di sottoporlo a questo tipo di intervento”. La sola possibilità per l’operaio di Torre Annunziata quindi di poter tornare a riavere le mani, nel caso in cui le sue condizioni non migliorino, purtroppo resta il trapianto.
CRONACA
27 luglio 2017
Mutilato sul lavoro, intervento di 8 ore per ricucirgli le mani. “Speranze al lumicino”